Un cuoco straordinario, in una delle ultime autentiche trattorie lombarde, dove la cucina è ancora espressa, coi sapori dell’orto e della civiltà contadina

Bassano e Mariella Vailati, da vent’anni in questa trattoria commovente, a Madignano, sei chilometri da Crema (via Largo Gerundo, 15 tel. 0373 658920). Ci sono tornato il primo giorno dell’anno, con gli amici, increduli che ci fosse un luogo nei paraggi che potesse valere quello che loro già conoscevano: Il Fulmine di Trescore Cremasco. Bassano è un personaggio d’altri tempi, che ha un cuore d’oro, come la sua simpatica metà: Mariella. Per dirla alla Camillo Langone, con cui condividiamo spesso il valore di determinate mete e bicchieri, lui è “un tipo burbero che si scioglie col tempo”. Se qualcuno arriva con una persona in più, rispetto alla prenotazione, ad esempio si innervosisce, semplicemente perché ha fatto la spesa apposta. E c’è da crederci. La sala è semplice, e fra le bottiglie esposte (ho trovato il superlativo Lambrusco di Modena “Albone” del Podere Il Saliceto ma anche il Grignolino biodinamico della Cascina Migliavacca di San Giorgio Monferrato) spunta una ricostruzione in miniatura, quasi un presepe laico della sua trattoria, che qui in largo Gerundo ha di fronte una teoria di villette a schiera, ma ha anche un giardinetto interno, dove d’estate si mangia pane e salame e sembra di essere tornati da Peppino Cantarelli a Samboseto di Busseto.

Già il salame, che per lui è quasi una questione di religione tanto è buono e dalla pasta compatta. E neanche sotto tortura dirà il nome del norcino che glielo prepara. Bassano è un uomo di passioni (c’è la maglia del Milan appesa, nell’antibagno con le foto della sua carriera), uno che sa il valore della cucina. La prova sono i tortelli cremaschi, ma anche gli agnolottini in brodo, che ben conosce una cremasca dal palato raffinato come Roberta Schira. Però nel pranzo del primo dell’anno, sono rimato colpito dal pipetto, che è una verza brasata e buonissima, servita accanto a un pezzo di formaggio Salva e a un fico agrodolce con una punta di aceto. Eccezionale l’insalata di cappone, ma anche il fegato grasso alla cremasca con purea di mele. Di valore sublime è la faraona in umido con la polenta, ma anche il cappone lesso servito con la mostarda. E il cotechino con la purea? È il più buono che mai possiate immaginare. Vi scenderà una lacrimuccia quando porterà in tavola la torta sabbiosa con la crema di mascarpone, che così buona avevo assaggiato solo nell’autunno del 1985 da Franco Colombani al Sole di Maleo, con la mia fidanzata, che ora è mia moglie. Ma quel caco con il Marsala e l’amaretto? Il salame al cioccolato, i biscottini fatti in casa, per finire col gelato alla crema appena fatto, che dice festa? Dove sono stato? In un luogo del cuore, nella sublimazione dell’osteria italiana di una volta. In un luogo della felicità.

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