Da Azotea, i piatti peruviani e giapponesi
Torino sta diventando sempre più, gastronomicamente parlando, internazionale. Si può scegliere tra cucina cinese, giapponese, coreana, thailandese, venezuelana, messicana, peruviana, libanese ecc. mentre si stanno affacciando anche le prime interessanti cucine africane. Per non parlare dei locali che predicano il verbo della contaminazione in cucina si chiami fusion, italo+qualcos'altro in cui la tradizione di casa nostra tenta di fare amicizia con quella di altre nazioni o continenti con risultanti alterni e molte volte non esaltanti.
Forse nello stesso calderone potremmo comprendere il locale di cui vi vorrei parlare, di Azotea per la precisione, ma la visita fatta da poco mi sta suggerendo differenze significative. Azotea professa di interpretare l'autentica cucina Nikkei a Torino e il suo maestro è lo chef Robles.
La cucina Nikkei non è altro che l'amalgama di materie prime, di tecniche, di tradizioni e di cultura gastronomica di due nazioni, il Perù e il Giappone, che tanto influenzano il mondo del cibo internazionale. Non è una tendenza di giornata la cucina Nikkei, nasce infatti nell'Ottocento quando un importante migrazione del popolo giapponese ha trovato casa proprio in Perù e nel tempo Nikkei è diventato sinonimo non solo dei giapponesi in Sud America, ma anche di quella cucina che è sorta da quell'unione.
Lo chef Robles, già noto in altre importanti esperienze a Torino, è l'esecutore fedele e geniale di questa realtà gastronomica in cui la cucina peruviana, ricca di sapori e di solarità si accompagna a quella nipponica assorbendone la sua delicatezza, la sua eleganza, linearità, rigore e i suoi profumi ammantati di storia. Altra caratteristica essenziale che Robles, in accordo con il socio Matteo Fornaro alla regia del bar, ha ritenuto essenziale per completare la sua espressione di cucina Nikkei è quella di consigliare calorosamente quale bevanda di accompagnamento dei suoi piatti non tanto il nostro caro classico vino, ma una serie di drink appositamente studiati e rivestiti ad personam su ogni cibo scelto dal menu. Drink normalmente a basso contenuto alcolico e tutti scelti per completare il piacere delle varie portate.
È presente anche una buona lista vini per accontentare gli inguaribili nostalgici come noi ma Matteo Fornaro alla guida dell'imponente bar prima ti invita, poi ti convince, che ad accompagnare i vari piatti che la cucina sforna ci deve pensare lui con i suoi sips, cioè sorsi, di composizione ideata ad hoc per ogni commensale in cui l'abbinamento per contrasto o concordanza danno dipendenza tale da vincere ogni perplessità.
Lo chef Alexander ci pensa poi lui a conquistarti con le sue realizzazioni proposte in diverse modalità.
Chakana o Croce Andina simboleggia la visione del cosmo o anche i tre livelli di vita della tradizione Inca e si realizza in sei portate anche vegetali a scelta dello chef a 65 euro a persona a cui si possono aggiungere, se desiderate, 6 sips a 40 euro a ospite.
Qampaq, traduzione per te, si compone di tre portate scelte liberamente dalla carta + la proposta di 3 sips pensati in abbinamento. I prezzi seguono pari pari quelli del menu.
Noi, io e una cara amica che ha avuto la benevolenza di seguirmi in questa faticosa escursione, abbiamo optato per quest'ultima soluzione e ci siamo concessi il loro Tiradito (sigh) che non è altro che tonno, salmone e branzino marinati con leche de tigre alla barbabietola, crema di carote e cialde di patate viola a 22 euro;
Ch'Uru ceviche poi è un piatto di lumache, nel nostro caso di Cherasco, e cozze, di origine sarda, (bene queste eccellenze del Bel Paese a italianizzare il menu) marinate con lattuga di mare, coriandolo, cipolla rossa e decorate con cialde di patate viola.
A seguire Saba a base di grano saraceno mantecato in estratto di verdure servito con polveri di spinaci e trancio di sgombro marinato
e anche Aji de Gallina Dumplings ritradotto in ravioli con farcia di maiale, pico de Gallo al coriandolo cialda di pane croccante, sempre a 22 euro a portata.
Le nostre terze portate sono state: ventresca di tonno – non c'è bisogno di traduzione – alla plancia con salsa di papaya, insalata di erbe di stagione condite con aceto de chica de jora cavolo e carota (28 euro)
nonché Supay, un agnello marinato alle erbe andine con il suo fondo al cacao, ananas e lattuga arrosto, salse varie e funghi (26 euro). Il tutto, come già sottolineato, accompagnato da drink personalizzati all'uopo.
Dessert dai nomi altrettanto poetici da cui abbiamo pescato un Sotto la Luna e Divertimento Musicale, il primo cremoso di dulche de leche e il secondo un abbinamento piacevole di frutta e cacao. Prezzo 9 euro.
I piatti sono tutti ben presentati, ben confezionati e con impronta personale di grande definizione. A livello gustativo tutto buono o ottimo con livelli di eccellenza alternati ad altri meno goduriosi al nostro palato. Cucina molto interessante che merita ulteriore approfondimento. Da sottolineare, ancora a favore, un servizio premuroso e professionale pur con giovani addetti.
Azotea
via Maria Vittoria, 49/B
Torino
Tel. 328 6342213
Foto d'apertura: azoteatorino.com