Proseguono le nostre degustazioni per le cantine che entrano sul Golosario 2021, e anche qui le sorprese non mancano

Ora siamo entrati a pieno regime, dopo il lockdown e lo spirito che stiamo raccogliendo è quello di una voglia di raccontare, da parte della cantine, il valore del proprio lavoro che non si è fermato. Da parte nostra stiano creando un ponte, che ci sta entusiasmando di giorno in giorno, in attesa di vedere la creatura: la grande piattaforma di Golosaria on line, dove questo racconto sarà rivolto a decine di migliaia di persone, che potranno seguire le tracce di una selezione che è distinzione qualitativa.
Ogni settimana vi racconteremo le cantine che man mano andremo a conoscere. 

Savuto Classico 2018 di ANTICHE VIGNE GIANFRANCO PIRONTI di Marzi (CS)
Apriamo le danze  con una realtà nel cuore della Calabria collinare. In provincia di Cosenza, più precisamente a Marzi, Gianfranco Pironti ha iniziato un interessante progetto per valorizzare la DOC Savuto: greco nero e bianco, magliocco dolce (arvino), mantonico, pecorello e malvasia. Vitigni che non godono sicuramente di fama internazionale ma che lungo la Valle del Savuto riescono ad imprimere al vino una forte impronta tipica. Ed è proprio la coerenza con questa gloriosa Doc il tratto che più ci ha colpito.
Salvia, foglie di limone e acidità pregnante per la vendemmia 2019 del loro Savuto Bianco “Terra di Ginestra” che poi chiude su dolci frutti esotici (bell’esperienza). Piacevolmente fresco il Savuto Rosato “Gida”, rosa tenue che viaggia su sentori selvatici di frutta e fiori rossi. Corredo olfattivo simile per il Calabria Rosso millesimo 2018 al quale si aggiungono toni vegetali e una morbidezza davvero piacevole. Di un'altra caratura è il loro Savuto Classico: si percepisce l'arancia e l'uso del legno è evidente, senza però dominare i sentori varietali. Ciliegia sotto spirito, cacao in polvere e tabacco. Tannino ruggente, lunga persistenza. La versione Superiore 2014 è sulla stessa lunghezza d'onda e ad emergere questa volta sono la cannella e la liquirizia. Passione e professionalità si rispecchiano pienamente in questi vini che portano onore ad una DOC sottovalutata, sia da un punto di vista commerciale che narrativo.

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antichevigne.jpgCalabria Magliocco “Fervore” 2016 di TERRE DI BALBIA di Altomonte (CS) 
In pochi lo sanno, ma già dai testi di Plinio Il Vecchio abbiamo testimonianza di un vino – chiamato “balbino” - che si distingueva per la sua qualità: quel nettare nasceva dalle stesse tipologie di vitigni con cui oggi lavorano Giuseppe Chiappetta e il fratello Nicola, insieme ai figli Marco e Luca. Sguardo rivolto ai vitigni autoctoni, l'azienda Terre di Balbia è un progetto che include 2 ettari di ulivi e 8 di vigneto, tutti a regime biologico. Anche in cantina la mano dell'enologo è leggera con l'obiettivo di ottenere un vino “non chimico” ma artigianale, tipico, autentico.
Apriamo con curiosità il Calabria Magliocco “Fervore” che del 2016 ci fa tornare alla mente la frutta scura matura e poi la carruba; una bevuta calda e profonda con un tannino croccante, bello sveglio. Nella loro linea è presente anche un gaglioppo versione rosato, “Ligrezza” in etichetta, e un merlot in purezza, chiamato “Blandus” e maturato in barriques. Non vediamo l'ora di assaggiarli!

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terre-di-balbia-perfavore.jpgBasilicata Rosso “Don Giulio” 2016 di ALTE VIGNE VAL CAMASTRA di Anzi (PZ)
Piacevole sopresa dalla Basilicata, dove la famiglia Buchicchio dal 2012 si concentra principalmente nell'interpretazione di varietà internazionali in provincia di Potenza. Anni di sacrifici e studi per Teresa e il marito Andrea, lei mamma a tempo pieno laureata in Scienze Economiche e Bancarie, lui geometra per molto tempo impegnato in cantieri di tutta Italia. Nel 2015, assistiti dall'enologo Fabio Mecca, la prima vendemmia di varietà internazionali come merlot, cabernet sauvignon e montepulciano accompagnati da muller thurgau e traminer aromatico. Sicuramente floreale è il naso con cui si presenta il loro Basilicata Bianco “Siri” 2018, dove tiglio e acacia si alternano ad un pompelmo netto che ritroviamo anche in bocca. Acidità “agrumata” che regala bevibilità a un vino teso, quasi pungente.
Il Basilicata Rosso “Siri” ha sentori di peperone ma è il blend merlot e cabernet sauvignon (in proporzione 80 a 20) a convincerci maggiormente.
Nome in etichetta “Don Giulio”, spalla alcolica importante per il vino sicuramente più significativo. Rubino acceso con una silhoutte intrigante: emergono il tabacco e le spezie dolci. Sullo sfondo prugne disidratate per un finale leggermente dolce e tannini ben integrati.

Sito Web: www.altevignedellavalcamastra.com
don-giulio.jpgBolgheri Superiore “Le Gonnare” di FABIO MOTTA di Castagneto Carducci (LI)
Parlando di tagli bordolesi, chi sta emergendo nel panorama di Bolgheri è sicuramente Fabio Motta, giovane e promettente viticultore del litorale Maremmano, discepolo di Michele Satta con il quale condivide l'amore per una delle figlie (Benedetta, oggi madre di ben 5 figli) e per il sangiovese in purezza, che in etichetta si presenta come “Lo Scudiere”.
Il millesimo è il 2018 che ci parla di ciliegie ed amarene (quasi sciroppate), ma soprattutto di erbe selvatiche e un richiamo “terroso”. Sorprendente in bocca – la vinificazione senza diraspatura concede sicuramente bevibilità – per un sorso soddisfacente ed elegante.
Merlot, cabernet sauvignon e sangiovese li incontriamo invece nel “Pievi”, Bolgheri Rosso che è sintesi della visione enoica di Fabio: trovi un frutto netto (prugna) e sentori terziari tipici (caffè e cioccolato), in un dialogo ben riuscito tra morbidezza e freschezza.
Il Bolgheri Superiore “Le Gonnare” è infine la punta di diamante dell'azienda (merlot 85% - syrah 15%) dove si evince un profilo organolettico mediterraneo, arricchito da sentori di pepe nero e chiodi di garofano. Piacevolissima la sapidità di sottofondo.
Nota di merito per il Nova vendemmia 2019, Bolgheri Bianco vestito di un bel paglierino con sfumature verdoline. Non avrà l'autorità dei grandi vini, ma al naso veniamo accolti da sentori di pesca e mandorla molto fini, si percepisce anche la mineralità. Si dice che a Bolgheri è la luce a fare il vino, ma anche la storia che c'è dietro a quest'ultimo può rivelarsi un fattore chiave. E Fabio Motta sta scrivendo proprio un bel racconto.

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fabio-motta-tre-vini.jpgVino Spumante “Ghitina” di VIGNETI DI DANTE di Mongardino (AT)
Accogliamo con piacere le nuove annate del produttore Paolo Pregno, che subito ci convince con un metodo charmat di chardonnay (più una piccola percentuale di moscato).
Il suo “Ghitina” ricorda la fanciulla ritratta in etichetta: eleganti profumi di fiori bianchi, di tiglio, di acacia e sensazioni aromatiche avvolgenti in sottofondo.
Meno soddisfacente è purtroppo il suo Nebbiolo Metodo Classico “1965”, che punta molto sulla beva ma al naso non ci soprende. Le premesse comunque sono buone, si potrebbe anche pensare di provare a spumantizzare la sua ottima barbera ?
Procediamo poi con quest'ultima (vinificata in acciaio) dove ritroviamo la viola e l'acidità pregnante che ci aveva già conquistato.
Speziato e delicati sentori legnosi per la Barbera “Vigna San Vincenzo” 2018 che racconta di un terroir decisamente espressivo. Vinificato in botte grande, Pregno è riuscito a domare un vitigno che a Mongardino si esprime in maniera eccellente.
vigneti-di-dante.jpgBarolo “Angela” 2015 di MARENGO MAURO di Novello (CN)
A Novello l'azienda famigliare Marengo Mauro gestisce circa 11 ettari coltivando solamente vitigni autoctoni.
In degustazione partiamo con il Langhe Nascetta del Comune di Novello 2019, un vino floreale e aromatico tenuto in piedi da una bella sapidità. Forse ancora giovane, ma comunque godibile.
Riposa in bottiglia per 2 mesi il loro Dolcetto, violaceo nei riflessi, leggermente minerale e piacevolmente fruttato.
Si alza l'asticella con la Barbera d'Alba Superiore 2016, snella ma elegante con richiami terziari che raccontano di un affinamento in botte.
Il Langhe Nebbiolo è beverino, i profumi molto tenui e delicati: vino che è una premessa del loro cavallo di battaglia, ovvero il Barolo “Angela” 2015. Bouquet di viola e sottobosco, di marasca e di tartufo. Intenso, giustamente tannico. Lo riassaggiamo dopo qualche ora e rimaniamo sorpresi nel percepire profumi freschi di menta.

Sito Web: www.marengomaurovini.com
marengo-mauro-barolo-angela.jpgDogliani “Linea Terra” 2019 di CANTINA CLAVESANA di Clavesana (CN)
Società cooperativa nata a fine degli anni Cinquanta (nel 2019 è ricorso il sessantesimo anniversario dalla fondazione), oggi rappresenta il baluardo del Dolcetto delle Langhe Monregalesi, ma non solo. I circa 200 soci – con i loro 320 ettari di vigne – oggi offrono nelle loro linee anche Nebbiolo, Barolo, Pinot nero e spumanti di Alta Langa.
Nella batteria di degustazione iniziamo con il Dogliani “Linea Terra” 2019, color rosso rubino che anticipa sentori croccanti di mora e tannini vibranti; ancora meglio è la versione Bio, dove percepiamo anche una spezia dolce.
Nella Barbera Superiore “Linea Mito” 2016 invece ci colpisce la viola un po’ vanigliata. In bocca è morbido e vellutato, sempre fresco grazie all'acidità tipica del vitigno. 
Buono il Langhe Nebbiolo “Linea Terra”, molto versatile grazie al tannino ben levigato e gentile.
Per concludere stappiamo il loro Barolo vendemmia 2015. Ventaglio più complesso di profumi, dalla viola (in appassimento? ) alla liquirizia, poi una leggera speziatura (sicuramente vaniglia) e finale che ricorda la liquirizia.

Sito Web: www.inclavesana.it 
clavesana.jpgBarolo di LUIGI VICO di Serralunga d’Alba (CN)
Serralunga d'Alba ospita da pochi anni un nuovo protagonista, Luigi Vico, commercialista di Torino che è tornato sui terreni di famiglia per dedicarsi al nostro nettare preferito. Grande responsabilità che viene rispettata alla grande. 
Pepe nero e sottobosco per il suo Langhe Nebbiolo 2018, elegante e persistente, da bere e ribere.
Tornano alla mente la terra e i funghi assaggiando il Barolo “Prapò” che è austero, sulle orme dei tradizionalisti senza però tradire la bevibilità. Si apre infine su note di caffè e humus, rispecchiando in pieno le caratteristiche organolettiche di questi luoghi.
Ottimo anche il Barolo del Comune di Serralunga d'Alba, che vira anche su note vegetali e di menta. Rimaniamo tuttavia estasiati dal suo Moscato d'Asti che ha note croccanti di mela verde, poi di fiori come tiglio e acacia. Il miele è evidente, così come i canditi. Il finale sembra quasi secco tanto da non risultare affatto stucchevole. Inutile ammettere che la bottiglia è finita troppo velocemente. Eccezionale.
luigivico.jpgBarolo “i Tre Pais” 2016 di AGRICOLA FRATELLI BROCCARDO di Monforte d’Alba (CN)
Proseguiamo lungo le colline langarole, fino a Monforte d'Alba. Filippo, Laura e Federica sono i tre fratelli che hanno preso in mano l'azienda proseguendo con passione il progetto di famiglia. Radici profonde e tanta voglia di lavorare e migliorarsi, anno dopo anno.
“Nunc est bibendum” è il motto della famiglia Broccardo e noi dunque accettiamo l'invito.
Tra le varie etichette proposte (Barbera d'Alba, Dolcetto d'Alba, Langhe Arneis e Langhe Rosato) noi stappiamo con gioia il loro Barolo “i Tre Pais” 2016. Affinato in legno di rovere francese e slavonia, incontriamo un Barolo importante, con molto da raccontare. Note balsamiche, di eucalipto e di menta. Si percepisce poi il finocchietto, su uno sfondo di humus e terra. Un vino austero, lungo, elegante. Bravi!

Sito Web: www.broccardo.it / acquistabili anche su www.tannico.it
barolo-broccardo-i-tre-pais.jpgBarolo Cannubi 2016 di F.LLI SERIO & BATTISTA BORGOGNO di Barolo (CN)
Concludiamo il giro dei nostri grandi vini facendo sosta a Barolo, nel cuore di Cannubi. Anna e Paola Borgogno raccolgono un'eredità lunga ben 5 generazioni, dove la cantina e il vigneto sono sapientemente seguiti in ogni momento. Una storia importante alle spalle che ci porta ad analizzare i vini con estrema attenzione.
In apertura il Langhe Nascetta, che brilla per il colore ma anche per la qualità del naso. Agrumi (come il limone) e decisamente rosmarino, poi salvia.
Fresco ed equilibrato. Fruttato e dal retrogusto amarognolo è il loro Dolcetto d'Alba 2019, nulla di sorprendente ma sicuramente piacevole.
La Barbera Superiore 2016 è invece intensa, nettamente più importante, sia nei profumi che nel corpo. Vestita di porpora emana sentori di marasca, virando su note speziate e terziare, quasi eteree.
due nebbiolo proposti apprezziamo molto il Nebbiolo d'Alba 2017 dove è evidente la frutta sotto spirito, che rimarca confettura, con cenni di sottobosco e tabacco. L'onere – e l'onore – dell'ultima etichetta stappata tocca giustamente al Barolo Cannubi 2016: dopo un riposo di circa 30 mesi in grandi botti di rovere si presenta con un vestito rosso rubino acceso, leggermente granato. Percepiamo la viola e la rosa ma a vincere è la liquirizia. Un vino rotondo, bocca pulitissima e molto raffinata. Forse ancora giovane, non si esprime al massimo. Dimenticatelo in cantina qualche anno e vi sorprenderà!

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borgogno-barolo-cannubi.jpg

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