Tra Brianza Lecchese e Alto Lario, 22 vignaioli, nel segno della colleganza, stanno facendo rivivere la tradizione che vedeva le province di Lecco e Como essere splendide terre del vino

È una delle esperienze di colleganza tra le più entusiasmanti d’Italia. Ed è un’avventura che sta scrivendo una pagina nuova del mondo del vino italiano. Stiamo parlando di ciò che sta accadendo nelle province di Como e di Lecco, protagoniste le cantine socie del Consorzio volontario per la tutela dei vini Igt Terre Lariane. Territorio storicamente vocato alla coltivazione della vite, con due luoghi di antica tradizione, ovvero le colline della Brianza intorno a Montevecchia e l’alto Lario, nei dintorni di Domaso. Solo una trentina di anni fa ha visto i primi “coraggiosi” mettere mano all’impresa di far rivivere questa lunga storia, dopo anni di abbandono, facendo uscire viti e vino dal cono d’ombra che era calato su di loro, a causa del fenomeno seguito alla Seconda Guerra Mondiale della fuga da campi e agricoltura a favore di altre attività. Quando tutto sembrava perduto, tanto che Mario Soldati nel suo “Vino al vino” aveva scritto:

“Un altro vino celebrato dal Porta è quello di Montevecchia in Brianza, a pochi chilometri da Monza. Siamo in provincia di Como (oggi Lecco); ma non troviamo, forse, altre vigne più vicine a Milano. Misurato sulla carta, in linea d’aria, Montevecchia dista dalla Madonnina 24 chilometri. È tra le più belle posizioni di tutta la Brianza: uno spalto altissimo, un balcone che si erge, fuori dalle nebbie e si affaccia dritto a sud: nelle giornate di vento, si vede dalla Cisa al Monte Rosa. Alti monti la difendono dalle tramontane. Le brume e le nebbie la sfiorano fruttuosamente. Viticolarmente, la posizione geografica di Montevecchia è quanto di meglio si possa desiderare. Credevo, in buona fede, che il Montevecchia non esistesse più”.
claudia crippa.jpgA intuire che quelle colline lasciate al loro destino potessero tornare ad essere angolo fiabesco di Lombardia dove la vigna cresce felice, agli inizi, solo pochi imprenditori coraggiosi, mossi da amore sconfinato per la loro terra. Tra questi, Claudia Crippa. Giovane, carismatica, laureata in enologia, una passione travolgente per il vino e una capacità unica di fare squadra sapendo ragionare pensandosi come “noi” e non solo come “io”. Dopo aver portato l’azienda di famiglia, La Costa di La Valletta Brianza, al successo, dimostrando il potenziale del territorio quando il lavoro vien fatto con competenza. Credendo nella forza delle relazioni come fattore capace di cambiare i destini di singoli e comunità. Visto che sulla sua scia, altri, tra cui molti giovani, avevano iniziato a coltivare piccoli vigneti e a realizzare piccole produzioni, con alcuni di loro, nel dicembre del 2009, ha costituito il Consorzio volontario per la tutela dei vini Igt Terre Lariane.
etichetta-consorzio.jpgDa quell’inizio, nel segno della colleganza, il consorzio si è dotato di una cantina consortile, in modo da mettere a disposizione di tutti, in particolare dei più piccoli, attrezzature che alcuni di loro non potrebbero avere. Soprattutto, fatto che ha favorito un significativo passo avanti nel segno della qualità, è nata la Cooperativa Terre Lariane, con sportello agronomico ed enologico, con la presenza di figure professionali, su tutti il talentuoso Luca Bennato, enologo di assoluto valore.
Oggi il numero delle cantine è salito dalle sette presenti al via dell’avventura consortile, a ventidue. E il progetto comune, con la scelta di adottare gli stessi consulenti in vigna e cantina, si sta rivelando strumento vincente per dare uno stile e un’identità unitari alla Igt, pur nel rispetto delle singole caratteristiche di ogni azienda. Conferma della crescita clamorosa di queste realtà, anche in termini di valore che sta portando la loro presenza sul territorio, è venuta dagli interventi dei relatori presenti all’incontro svoltosi all’interno del bellissimo evento organizzato dal Consorzio all’Otolab di Lecco.
gruppo.jpgUn appuntamento, peraltro, che ha rappresentato una sorta di “punto di svolta”, perché vedendo presenti tutti i produttori aderenti alla realtà consortile, ha svelato quanto i loro vini, pur con una giovane storia, abbiano tanto da raccontare. Prima di condividere con voi quelli che sono stati gli assaggi migliori, una considerazione. Oggi i territori del Comasco e del Lecchese possono essere fieri dei loro vignaioli, perché quello che esprime ogni cantina merita attenzione, e ci sono già più punte di eccellenza.
incrediboll.jpgDalla nostra degustazione, è emersa la conferma di valere l’inserimento tra i nostri Top Hundred, da parte dei “moschettieri” delle due province che in questi anni hanno già avuto il nostro premio. Ha raggiunto caratura internazionale, per il livello qualitativo che esprime da anni, La Costa di La Valletta Brianza, l’azienda condotta da Claudia Crippa, dove la produzione si attesta sulle 40.000 bottiglie l’anno con una dozzina di etichette. Qui, oltre al poker di vini che hanno reso famosa la cantina, ovvero Solesta (riesling renano), Seriz (merlot e syrah), San Giobbe (pinot nero) e Calido (moscato passito rosso), è puledro di razza “Incrediboll Rosè”, metodo classico da uve syrah e pinot nero, dalle note di frutti di bosco e mela rossa, piacevolmente fresco al palato e dalla beva dinamica. E il Terre Lariane Verdese “860” Igt 2019 (con l’etichetta che vedendo campeggiare 860, vuole ricordare che quello è il numero delle bottiglie prodotte in questa edizione) da uve verdese, che è l’unico vitigno autoctono del territorio, e che dopo fermentazione in acciaio con macerazione di tre giorni sulle bucce, e un anno di affinamento in due barriques, una volta nel bicchiere ha colore giallo oro, scintillante, mentre al naso ha note di frutta esotica matura e miele di acacia.
860.jpgFirma vini identitari la cantina Santa Croce di Missaglia, di proprietà della famiglia Colombo, che la gestisce fino dai primi anni ‘80, producendo oggi 10.000 bottiglie l’anno. Dal profilo ben definito, il Bianco dei Picaprea (chardonnay), il Rosato dell’Angela (merlot e pinot nero) e il Rosso del caminone (merlot e pinot nero). Con il passo dei grandi, Vintage des Angels 2021, sauvignon blanc che ha conquistato anche il pubblico di Golosaria dove era in mescita all’Enoteca, e che colpisce per il suo colore giallo paglierino intenso, le note agrumate e di pesca, i suoi profumi nitidi di frutta esotica, e in particolare di passion fruit, per il suo sorso secco e sapido e di buona persistenza.
santa croce-tre bottiglie.jpgBene anche i vini delle due cantine dell’alto lago di Como, ossia di Sorsasso di Domaso, azienda di proprietà della famiglia Travi, che produce 40.000 bottiglie, con il Domasino rosso (merlot e sangiovese) che anche nel millesimo 2021, si conferma etichetta “top” con il suo colore rubino intenso, luminoso, i profumi di frutti di bosco e la fine speziatura, dove emerge la nota di pepe, il sorso morbido e di piacevole freschezza, con trama tannica avvolgente e finale lungo.
sorsasso-domasino.jpgE di Emanuele Angelinetta, che a Domaso, con sua moglie Eleonora, gestisce la cantina che porta il loro cognome, producendo 30.000 bottiglie l’anno. Non presenti di persona all’evento, di loro tuttavia abbiamo degustato nei giorni scorsi Cà del Mot, elegante rosso da uve merlot e marzemino, dalle note fruttate e dal sorso raffinato.
tenuta-montecchia.jpgNella vicina Colico, già in provincia di Lecco, opera una delle realtà più interessanti, Tenuta Montecchio, azienda di proprietà della famiglia Venini. Seguita dal 1946 a fine anni ’50 da papà Gianfranco, che aveva realizzato un vigneto, dopo l’abbandono dei terreni, dagli anni ’80 è ritornata a vivere grazie al figlio Giacomo, cui si deve, nel 2012, con la moglie Franca, l’inizio di questa nuova avventura, che oggi ha raggiunto il traguardo delle 8.000 bottiglie. Un vero tris d’assi, il trio di loro vini rappresentato dal bianco “Le Bressane del Montecchio” da uve chardonnay dal colore giallo oro, dalle note floreali e fruttate, dal sorso vivo per la bella freschezza e la notevole sapidità. E dai due loro rossi da uve merlot. Con il “Rosso del forte” 2018 che ha grande piacevolezza, naso invitante con profumi di frutti di bosco, e in particolare lampone e ribes, sorso dalla beva agile e golosa.
rosso del forte.jpgE il più complesso, “Tana di volpe” 2019, dai profumi di frutti di bosco, e in particolare di more, dei sentori di ciliegie mature e vaniglia, dalle note di sottobosco, dal sorso caldo, austero, persistente.
tana di volpe.jpgTra gli altri assaggi, dicono di un percorso di crescita continua i vini di Terrazze di Montevecchia, l’azienda condotta dal vulcanico Mario Ghezzi, autentico alfiere del territorio, che coltiva vigneti ad altitudini che variano dai 400 ai 500 metri, reimpiantati negli anni che vanno dal 1994 al 2000 con vitigni internazionali e che si esprimono in modo distintivo in questo contesto. 30.000 le bottiglie prodotte. Di bella personalità lo Spumante Metodo Classico Brut, da uve sauvignon e viogner, dal colore giallo paglierino con riflessi dorati, profumo intenso di lieviti e crosta di pane, sorso fresco e piacevole finale che ricorda la mandorla amara.
terrazze montevecchia.jpgE Munciar 2019 da uve sauvignon e viogner surmature coltivate sulle terrazze nella parte alta della collina di Montevecchia. Dopo fermentazione e affinamento in tonneaux, ha colore paglierino con riflessi verde smeraldo, naso fine che ricorda la pesca e l'albicocca, sorso elegante e vellutato, buon corpo.
munciar.jpgSi conferma vignaiolo di razza, il giovane Lorenzo Ronchi, titolare dell’azienda agricola Runch, da lui avviata nel 2016 rilevando una vigna impiantata nei primi anni ‘90 sui terrazzamenti ai piedi del Santuario di Montevecchia, e che ora produce 3.500 bottiglie. Oltre a “Vegia” bianco e al “Lupone”, interessante Cresta rossa 2019 (merlot 80% e cabernet sauvignon 20%) dal colore rubino intenso, dai profumi di frutta rossa matura, con sentori di marasca, note di vaniglia, cuoio e spezie, dal gusto piacevolmente tannico, fresco e dalla speziatura finale.
ronchi.jpgSempre a Montevecchia, prosegue con il suo piglio anarchico il cammino della cantina Maggioni Francesco, il cui vigneto si trova in località Colombè, e che nel 2021 ha prodotto 10.000 bottiglie. Il suo Colombèe, rosso da uve merlot, si conferma vino autentico, dal carattere piacevolmente schietto, con nota fruttata invitante e sorso fresco.
maggioni-colombee.jpgUna bella storia quella dei fratelli Sala, radici nel mondo della ristorazione, ma passione per la terra, che li ha visti dedicarsi alla vigna a Montano Lucino, arrivando a produrre 4.000 bottiglie. Oltre a Il Luciano (merlot e cabernet sauvignon) dedicato al padre, e a una riserva di Riesling “29 febbraio” che è una promessa, dei loro vini è molto interessante La Sciùra 2020, chardonnay dedicato alla mamma dal colore paglierino luminoso, dalle note floreali e di erbe aromatiche, dal sorso minerale, salino.
lasciura.jpgDella Fattoria Laghetto di Merate, cantina di proprietà della famiglia Casati, che seguiamo sin dagli esordi e che ora produce 6.000 bottiglie, è bella novità lo Spumante metodo classico 2020, fruttato, salino, di carattere. Ed è bella espressione di merlot in purezza, il Vigna Casati etichetta nera, dal colore rubino, dalle note fruttate, che ricordano la ciliegia, dalla fine speziatura, dal sorso di buona struttura.
casati-titolare.jpgNella vicina Sirtori, in località Bornò, opera invece Tre noci, azienda di proprietà di Ester Conti, dove le operazioni di vigna e cantina sono seguite dal marito Adriano e da Mauro Cesana. La loro produzione si attesta sulle 9.000 bottiglie l’anno e oltre alle due etichette più celebri, Salgì e Bornò, entrambe da uve merlot, il vino con cui ci ha stupito è V’In 2021, pinot bianco di razza, dalla bellissima trama olfattiva che va dai sentori di fiori d’arancio e agrumi, alla frutta a polpa gialla, a sentori speziati di pepe bianco e in bocca si propone con eleganza e freschezza, con finale sapido e di buona persistenza.
trenoci-vin.jpgUna bella realtà anche Cascina Bellesina, creatura del giovane Marco Frison, che seguendo la sua passione per l’agricoltura biologica, ha recuperato terreni abbandonati a Missaglia, in Valle Santa Croce, dedicandosi a pinot nero, pinot bianco e riesling, arrivando a produrre 5.000 bottiglie. Ha personalità il suo Pinot Bianco, dagli aromi fruttati di mela e nocciola e dal sorso morbido e bilanciato. Ha notevole classe il suo Riesling 2019, dal colore giallo oro, dai profumi di frutta esotica e spezie, cui segue una nota di idrocarburi, e dal sorso pieno, ampio, dall’equilibrata.
bellesina.jpgÈ cantina che guarda lontano, Concordia di Fino Mornasco, il cui vigneto è dislocato nel centro del paese ed è composto da un unico corpo coltivato a Pinot Nero – da cui nasce un rosso dal naso di assoluta finezza, con note di lampone, ribes, spezie, e sorso elegante – e Chardonnay, dalle cui uve, in purezza, nasce “Socho”, dal colore giallo paglierino brillante, naso fruttato, con note di pesca bianca, sentori di miele e splendida sapidità al palato.
socho.jpgA voler indicare il coup de coeur di questi assaggi - che, va detto, son stati tutti sorprendentemente entusiasmanti - i vini che non conoscevamo che più ci hanno emozionato sono stati quelli di Locotocco di Mariano Comense.
locotocco-titolare.jpgSveliamo subito un segreto. Dietro a questa realtà c’è quel fuoriclasse di Luca Bennato, l’enologo di cui vi avevamo detto sopra, e che, come fanno i campioni, oltre a “lavorare per tutti”, ha voluto a sua volta mettersi in gioco in prima persona, con una sua attività. I risultati stanno premiando il suo coraggio. Grande il suo Metodo Classico millesimato 2020 Rosè. Dal perlage fine e persistente, continuo, ha delicato colore rosa antico, profumi di rara eleganza di frutti rossi e spezie, giusto punto di equilibrio tra struttura e freschezza al palato.
locotocco.jpgIl nostro giudizio finale? Quella delle Terre Lariane è un’avventura di distinzione, un capolavoro fatto insieme da 22 vignaioli visionari, una storia che profuma di speranza. Una storia che cambia il destino di un territorio e che va a scrivere una pagina di eccellenza italiana che merita di essere conosciuta.
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