Si moltiplicano le iniziative per salvare la sua azienda. Raccolti 100 mila euro
Agitu Ideo Gudeta è stata salutata un’ultima volta sabato scorso a Trento poi il feretro è stato condotto dai fratelli in Etiopia, ma la sua azienda e il suo obiettivo, che era quello di recuperare pascoli un tempo abbandonati e salvare la razza autoctona della capra pezzata mochena, non rimarranno orfani. Sono diverse infatti le iniziative a sostegno di questo sogno, avviato dalla ragazza etiope barbaramente uccisa da un suo dipendente (aveva 42 anni) alla fine dello 2020, a cominciare da una raccolta fondi promossa da Zebenay Jabe Daka. Una raccolta tuttora attiva che ha permesso di raccogliere oltre 100mila euro. Il denaro sarà gestito da un comitato etico e serviranno per aiutare la famiglia per portare avanti i diversi progetti presentati, tutti funzionali a dare seguito al suo lavoro.
Intanto, al momento, le sue caprette, di cui molte incinta per partorire a breve, sono custodite dalla giovane Beatrice Zott, ventenne, che a sua volta si occupa di un grande gregge a malga Pletzn. Ogni giorno la giovane si occupa dell’alimentazione e della custodia delle capre che sono state collocate a Fierozzo e visitate dal Servizio veterinario dell'Azienda provinciale per i servizi sanitari. Il destino definitivo del gregge sarà poi deciso dalla famiglia di Agitu.
Da leggere sul Corriere del Trentino il bel ricordo di Gabriel Di Luca: “Era proprio nella libertà di fare ciò che le piaceva e che sapeva fare così bene, al di là dei cliché di donna minacciata e di immigrata perfettamente integrata, era insomma in questa irriducibile libertà il segreto della sua esistenza, della sua verità e anche il motivo che ne fa apparire la “figura” nella giusta collocazione”.
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Le 80 caprette di Agitu, su decisione del tribunale, sono rimaste a Frassilongo e affidate temporaneamente ad alcuni allevatori della zona, almeno finché non verrà designato un erede dell'azienda, di cui le capre sono parte integrante.