Nel 2020 si è registrata una sostanziale crescita della domanda e quindi un aumento della produzione pari al 3,4%

Dopo un inizio d’anno 2020 che, a causa del Covid19 e di conseguenza dell’isolamento forzato dei produttori e della chiusura di ristoranti e mercatini territoriali, aveva registrato cali drammatici nelle vendite, il Consorzio per la Tutela del Formaggio Roccaverano, annuncia con soddisfazione l’aumento della produzione.
robiola-roccaverano-foglie.jpgGià la primavera scorsa, l’appello lanciato da Fabrizio Garbarino, Presidente del Consorzio, aveva mobilitato l’attenzione della stampa, di operatori del settore e anche dei consumatori, che si erano prodigati fin da subito ad aiutare i produttori, tramite acquisti diretti e gruppi di acquisto. 

Nello stesso tempo, i casari afferenti, fino ad allora poco organizzati per vendite online e per le consegne fuori dal loro territorio, hanno innestato una marcia in più e, grazie anche al restyling completo del loro portale di riferimento e all’e-commerce, si sono dimostrati assai attivi e propositivi nel commercializzare le loro robiole fuori dai canali tradizionali. Il bilancio di fine anno ha visto così un sostanziale aumento della domanda, e un dato simile anche per la produzione e vendita delle forme, passate dalle 490.389 forme – pari a 148.128 kg di formaggio – del 2019 alle 506.254 – pari a 151 tonnellate di prodotto – del 2020 con un aumento del 3,4% circa.
robiola-roccaverano-congrissini.jpgMa non è tutto. L’allargamento della conoscenza del prodotto “Robiola di Roccaverano Dop” a un numero maggiore di consumatori e a nuovi mercati, ha portato alla ribalta dei vertici del Consorzio la necessità di modificare e adattare alle nuove esigenze commerciali e di comunicazione il disciplinare di produzione, ormai vetusto e risalente, nell’ultima versione, a più di 20 anni fa. La questione principale è relativa al fatto che in questo lasso di tempo, la qualità e la filiera del prodotto hanno fatto notevoli balzi in avanti, tanto che lo si produce ormai con latte crudo di capra in purezza (negli ultimi 10 anni le forme miste con latte vaccino hanno significato meno dell’1% della produzione totale), siero o latte innesto autoctono non esterno all’azienda di produzione, animali al pascolo durante i mesi preposti (da marzo a novembre), nessun OGM e alimentazione animale prodotta sul territorio almeno per l’80%.
robiola-roccaverano-caprette.jpgInoltre, anche dal punto di vista lessicale, si sta discutendo se continuare a chiamarla “Robiola di Roccaverano DOP” o denominarla con un termine più netto e preciso come “Roccaverano DOP” che identifica meglio il territorio.

Fonte Consorzio di Tutela del Formaggio Roccaverano

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