Il vino sul banco degli imputati: il punto sul dibattito

Se non fosse che stiamo parlando di qualcosa di sbagliato, ci sarebbe da fare i complimenti alla dottoressa Viola perché dicendo che un bicchiere di vino o di birra concorre ad avere un cervello più piccolo ha bucato il muro dell’informazione, guadagnandosi pagine intere sui giornali e reazioni. Chi fosse prima d’oggi Antonella Viola, chiedo scusa, non ne avevo granché contezza… oggi tutti lo sanno e forse era questo anche il suo obiettivo, più mediatico che scientifico, mi viene da dire a fronte di 236.068 studi scientifici che hanno dimostrato quello che si è sempre saputo: un consumo moderato di vino fa bene alla salute, soprattutto in termini cardiovascolari. Sono reduce dal Simposio di Assoenologi, una decina di giorni fa, dove hanno sviscerato dati scientifici in tal senso. Ma poi alla fine basta un titolo di giornale sul cervello che si rimpicciolisce o prendere atto dell’iniziativa di un paese - l’Irlanda - che avendo problemi coi superalcolici pensa di risolvere tutto con un’etichetta allarmistica, che bisogna ricominciare da zero, purtroppo ammorbati dalla retorica che il vino è cultura e altre ragioni deboli che sembrano confezionate apposta per dare in pasto alla Viola argomenti a difesa della propria tesi. Tesi criticata dai suoi colleghi come si evince dalla rassegna stampa di questo week end, che rappresenta una scia rispetto all’uscita della biologa sul Corriere della Sera di venerdì.

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E così, sul Corriere della Sera del Veneto di sabato il cardiologo Claudio Bilato contesta la Viola sostenendo che al contrario privarsi del vino è peggio. Su La Verità Daniele Capezzone riprende, dall’intervista del Corriere, che la Viola beve solo quando va nei ristoranti stellati. E qui magari Gualtiero Marchesi l’avrebbe redarguita perché lui davanti a un piatto “artistico” suggeriva acqua. Come la mettiamo? Ma poi perché in un ristorante stellato sì e non con la cassoeula o il baccalà di una trattoria padovana no? Nessuno la obbliga a bere, sia chiaro, perché allora lo fa? Su Libero scende in campo Vittorio Feltri che si chiede se il Valpolicella sia equiparabile a una pistola che ci manda all’altro mondo abbastanza in fretta. Lui ne beve abitualmente ed è ancora fra noi alla vigilia degli 80 anni, e così la maggior parte di quel 27% di donne che, bevendo 2 bicchieri al giorno, secondo la Viola, rischiano il cancro alla mammella. Alla fine della sua invettiva Feltri poi le chiede di spiegare come mai, allora, a fronte di una diminuzione di consumo di vino e anche di fumo, i casi di tumori sono aumentati del 12 per cento? Ma la Viola non demorde e siccome fa notizia, il quotidiano La Stampa, che ha come riferimento di lettori una regione dove si produce vino (io stesso vi scrivo dal 1991, occupandomi proprio di vino) le offre la prima pagina con un articolo di suo pugno dal titolo: “Vi spiego perché un aperitivo rischia di accorciarci la vita”. E praticamente la professoressa riporta le medesime argomentazioni dell’intervista apparsa sul Corriere della Sera, asserendo che l’alcol etilico è comunque dannoso ed equiparabile a benzene ed amianto. In un box vengono poi citate le fonti degli studi che avallano la sua tesi. Ma i 236.000 studi fatti anche prima dell’anno 2000 sono da eliminare? Qualcosa non torna, sia dall’osservazione della realtà (ci dovrebbe essere troppa gente malata intorno a noi), sia dalla posizione della medicina, che ancora una volta si presta al prossimo talk show dove alla fine vale tutto e il contrario di tutto. Ma questo nasce soltanto dal vizio di assolutizzare un dato scientifico. Cosa che sembra aver fatto la professoressa Viola, oggi elevata a personaggio mediatico. Sul Corriere della Sera di domenica Matteo Bassetti, il noto virologo (anche lui mediatico) affronta la Viola e scrive una minchiata nazionalpopolare: “Una bottiglia di vino pregiato con una bella etichetta è come un’opera d’arte sulla quale non scriverei “l’alcol nuoce gravemente alla salute”. Ora, se chi contrasta la tesi della biologa Viola utilizza argomentazioni così deboli e banali, con c’è proprio da stare allegri.

La Verità di domenica infatti fa scendere in campo il professor Mariano Bizzarri (sarà ascoltato alla Camera il 1° febbraio) che dice: “Studio il cancro da anni: il vino lo combatte”. E sulla riduzione del cervello, ricorda che quello studio fu ampiamente criticato (perché allora tirarlo fuori ora, a portata di titolo di giornale?). Ma soprattutto ricorda che due bicchieri di vino al giorno rappresentano un grammo di alcol e che il consumo moderato riduce l’incidenza di tumori a polmone, prostata e colon del 60%. E poi finalmente ricorda la differenza sostanziale fra alcol e vino (che contiene in maggior parte acqua). Così come ricorda che anche il basilico contiene sostanze cancerogene o la noce moscata, ma nessuno ne mangia un chilogrammo al giorno.

collage-cervello1.jpgIl collega Paolo Brinis, interviene invece sul Corriere di Verona, avendo alle spalle la pubblicazione di un libro, “Calici&Camici” dove una ventina di professionisti di varie specializzazioni mediche gli hanno confermato che un approccio olistico al vino non fa per niente male. E dopo aver raccontato cosa rappresenta il vino per la civiltà, sostiene che non è il metodo migliore quello di mettere etichette allarmistiche. 

Non lo è, perché l’etichetta offre comunque un’informazione generica e alla fine anche distorta, ma soprattutto induce a rinunciare a quell’educazione alimentare dove bisognerebbe spiegare, anche alla Viola, perché un consumo moderato di vino sia contemplato in quel bene immateriale per l’Umanità che è la Dieta Mediterranea (e non solo nei ristoranti “Stellati”).

Alla professoressa con la matita viola, sulla Stampa di oggi, rispondono i produttori che segnalano come il dibattito sia falsato dall'abuso di superalcolici in certi Paesi (insomma, un conto è il bicchiere di vino a pasto, un conto la bottiglia di whisky alle 10 del mattino) ed Ernesto Abbona aggiunge: "Il problema sono le bevande dove l'alcol è stato aggiunto". Giorgio Calabrese invece fa parlare la scienza, citando le 236mila pubblicazioni scientifiche che sottolineano gli aspetti positivi del vino (suddivise anche per categorie ovvero vino e salute 58.443; vino e resveratrolo 59.456; vino e longevità 4.251; vino e problematiche cardiovascolari 20.586; vino e dieta mediterranea 5.970; vino e prevenzione di degenerazioni neurologiche 3.437). Calabrese attacca la generalizzazione di un'etichetta simile che non distingue tra basso, medio e alto tenore alcolico e inoltre non sempre risolve il problema: "Basti pensare che negli ultimi due anni in Italia - scrive Calabrese - il numero dei nuovi fumatori è cresciuto di circa 800mila unità" a fronte di avvertenze terrorizzanti. LaVerità oggi titola: "La grande stretta su fumo e alcol serve a dare la colpa a chi si ammala" e argomenta nel testo: "La questione vera è un'altra: perchè la posizione ufficiale degli esperti renderebbe necessaria un'avvertenza choc sulle bottiglie? L'obiettivo finale è informare i consumatori oppure battezzare una sorta di governo terapeutico nel quale chi si sottrae alle disposizioni del medico viene curato solo nostro malgrado?". Sulle stesse pagine anche Ettore Prandini è tranchant sulle posizioni europee avallate da alcuni esperti nostrani: "Attaccano vino e carne per favorire le multinazionali degli alimenti sintetici" e argomenta citando anche un'evidenza sotto gli occhi di tutti: "In Italia ci sono migliaia di centenari e tutti bevono qualche bicchierino". Con buona pace della professoressa Viola.  

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