Testo publiredazionale
'Lavoriamo i campi come 2000 anni fa e in cantina siamo 200 anni avanti'. Parte da questo ossimoro di
Pasquale Forte, la descrizione della sua realtà imprenditoriale in
Val d’Orcia, che si ispira alla antica 'fattoria romana', abbracciando in toto i principi della biodinamica e della filiera chiusa. Oasi di armonia e natura, il podere rappresenta un modo di vivere l’agricoltura, la ricettività, la ristorazione, l’allevamento e la viticoltura a 360°.
Al centro, la cantina progettata dall’architetto Zambelli, di oltre 18.000 metri cubi, incastonata tra le balze della collina. Ne segue il profilo con le onde distese delle coperture, in rame ossidato, emergendone solo per due quinti del volume. Impatto modesto e massimo sfruttamento delle condizioni microclimatiche naturali. La pietra del rivestimento, posata a secco, proviene dagli stessi luoghi. E proprio la cantina produce 25mila bottiglie tra Orcia Rosso, ovvero il
'Petrucci' (da uve sangiovese), e il
'Guardavigna', taglio di cabernet franc, merlot e petit verdot. Uve che sono state messe a dimora nei terreni di proprietà dopo un lungo lavoro di studi e zonazione.
Dopo la vendemmia manuale, ecco il trasferimento in cantina, all’interno della quale la disciplina è la stessa per tutti i grappoli. Tutte le operazioni si svolgono per caduta naturale, grazie ai pozzetti che collegano i diversi piani. Doppio tavolo di selezione delle uve, diraspatura leggera che lascia gli acini ancora integri. La vinificazione avviene spontanea, quasi si trattasse di macerazione carbonica, esaltando quindi profumi e aromi. La presenza di vinaccioli a contatto con il liquido è minore, perché trattenuti dalla buccia, quindi minori anche i tannini amari.
Toscana 'Guardiavigna' (r - cabernet f., merlot, petit verdot) - Orcia 'Petruccino' (r - sangiovese) - Orcia Biologico Biodinamico 'Petrucci Anfiteatro'
TOP HUNDRED Orcia 'Petrucci' (r - sangiovese)
Clicca qui per leggere l’articolo di Paolo Massobrio uscito su Il Tempo del Vino (Rizzoli, 2006)
Clicca qui per leggere l’articolo nella pagina Facebook I Vini del Golosario
Clicca qui per leggere l’articolo di Paolo Massobrio uscito su La Stampa nel 2020