In memoria di Papa Francesco, pubblichiamo in anteprima un paragrafo tratto dal libro “Prima che scada il tempo” di Paolo Massobrio

Pubblichiamo in anteprima un paragrafo tratto dal libro “Prima che scada il tempo” di Paolo Massobrio, in uscita a giugno (Golosario&Golosaria editore).
cover prima che scada tempo.jpgUno scritto che inquadra bene la situazione dell’emigrazione fra le due guerre, dal Monferrato all’Argentina, con il ricordo di un incontro speciale con il Santo Padre. E da questo racconto si evince la potenza evocativa del gusto che cementa le radici, come ebbe a dimostrare Papa Francesco quando venne ad Asti, tre anni fa, per incontrare i suoi parenti e, ovviamente, mangiare la bagnacaoda con il Grignolino. A Portacomaro, suo paese di origine, c’è addirittura una vigna pubblica, la vigna di Francesco, dove si produce un Grignolino solidale, a lui dedicato.
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LA MERICA

di Paolo Massobrio

Mia mamma Maria nacque in Argentina. Era il 25 novembre del 1927, giorno di Santa Caterina. Nonno Paolo, contadino a Masio, aveva preso la decisione con nonna Angiolina di andare altrove, non essendoci più possibilità di andare avanti, dopo che fillossera e oidio distrussero le viti del Monferrato. Il colpo di grazia fu anche un’altra malattia che uccideva i bachi da seta, i bigatt come li chiamavano, che nell’economia contadina rappresentavano la prima risorsa dell’anno, per poi investire nella vite. E, quando a Scienze Politiche studiai l’esame di Storia Economica, vidi passare davanti ai miei occhi la vita dei miei nonni, perché la crisi dei bachi da seta, venduti per poi diventare tessuti pregiati nell’areale di Como, unita a quella della vite che più tardi fu rigenerata con l’innesto su piede americano, portarono miseria. Il tam tam nei paesi diceva che la meta ideale per cercar fortuna era l’Argentina, con partenza dalla vicina Genova. E, proprio un mese prima che nascesse la mia mamma, una nave di migranti, dove sarebbero dovuti salire i genitori di papa Bergoglio, ebbe un naufragio dopo 15 giorni di viaggio. Era la Principessa Mafalda, forse la stessa nave dove un anno prima salirono i miei nonni per andare alla Merica. E fu là che nonno Paolo imparò a fare il macellaio, tanto che una volta tornato al paese aprì una macelleria con tanto di mattatoio interno.
Anche mio zio Domenico, fratello di mio padre, dovette emigrare in Argentina, a Rosario, perché tra il figlio grande e quello piccolo (mio padre) dovette prendere atto che nonna Margherita, rimasta vedova presto, non riusciva a sfamare tutti. E ricordo, avrò avuto cinque anni, quando vidi arrivare questo simpatico signore a Milano, lo zio Domenico della Merica, che poi seppi che aveva venduto la sua casa a Rosario per pagarsi il viaggio, solo per poter rivedere la sua mamma e i suoi fratelli. Con sua figlia Eris e i cugini di secondo grado siamo ancora legati, e quando loro sono venuti in viaggio in Italia non abbiamo avuto dubbi: dovevamo mangiare insieme la bagnacauda, per scoprire che per loro il cibo e le ricette di casa nostra rappresentano un fortissimo legame identitario che non hanno mai abbandonato.

Ora, quando nel gennaio del 2024 il Papa ha ricevuto il mondo del vino italiano invitato da Vinitaly, alla fine dell’udienza dove lui disse che innanzitutto il vino è un dono di Dio, si creò la fila ordinata per andarlo a salutare. Io ero verso il fondo e quando mi trovai di fronte a Jorge Mario Bergoglio mi venne spontaneo dirgli: «Ma sai che anche mia mamma è nata in Argentina?».
Al che lui mi guardò sorpreso; poi gli dissi: «Perché noi siamo del Monferrato».
A questo punto il Papa si mise le mani in testa ed esclamò: «Il Monferrato, il Monferrato, anch’io sono del Monferrato».
«Lo so, tu sei di Portacomaro, io di Masio».
In quel momento si notò uno scarico di flash dei fotografi superiore alla media, mentre il vescovo di Verona ci guardava incuriosito, come a chiedersi: «Ma cosa si saranno detti?».

Quando poi mi sono seduto ho riflettuto sul fatto che per ben tre volte ho dato del tu a un Papa, una cosa imperdonabile se non per la spontaneità. Però mi ha colpito questo attaccamento alle origini degli italo-argentini che poi resta per tutta la vita: lo è per Bergoglio, lo è per i miei cugini. Origini, manco a dirlo, che vengono evocate soprattutto con un gusto, potenza della memoria.

 

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