Il lavoro di direzione di una cucina produce nei cuochi un iper-sviluppo cerebrale rendendoli più abili e veloci

Il cervelletto degli chef è più sviluppato del normale e alla base di particolari capacità motorie e cognitive. Lo dice una ricerca dell’ Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Catanzaro, che ha preso a campione 11 cuochi selezionati dalla Fic (Federazione italiana cuochi) analizzandone l’attività cerebrale attraverso una semplicissima risonanza magnetica e una serie di test neuropsicologici.

Dallo studio è emerso che, come accade già per musicisti, scacchisti, tassisti e sportivi, anche per gli chef “L’allenamento finalizzato al miglioramento delle proprie prestazioni produce fenomeni di plasticità neurale rilevabili anche con le tradizionali tecniche mediche”.

Per il presidente della sezione calabrese della Fic, Carmelo Fabbricatore: “Il risultato dimostra che le basi del nostro insegnamento sono oggettive e seguono il solco tracciato dallo chef Auguste Escoffier, che vedeva nell’allenamento e nella preparazione i fondamenti della nostra professione”.

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