Non sappiamo con certezza l’origine del nome della Fontina, secondo alcuni storici deriva da un alpeggio dal nome Fontin o dal villaggio di Fontinaz, secondo altri dall’antica parola francese Fondis, che significa 'sciogliersi'. In ogni caso risale al 1447 la prima citazione di questo formaggio, che da sempre si identifica con il territorio valdostano, contenuta nella Summa Lacticinorum del medico vercellese Pantaleone di Confienza. Ma solo nel 1887 sarà classificata ufficialmente con il nome di Fontina della Valle d’Aosta. Viene identificata grazie a tre caratteristiche: il marchio di origine del produttore, il marchio di selezione, rilasciato da una commissione e il contrassegno alla vendita, ovvero la velina posizionata sul lato della forma. Un ulteriore segno distintivo è la numerazione delle forme: i primi 500 numeri indicano Fontine d’alpeggio prodotte col latte dei pascoli nelle stagioni estive da bovine di razza Pezzata Rossa, Pezzata Nera e Castana. Occorrono circa 100 litri di latte per produrre una forma di Fontina e le sue principali caratteristiche sono la pasta elastica, semicotta e morbida, l’occhiatura tipica e piuttosto uniforme e il gusto dolce, più o meno intenso, dovuto ai tempi di stagionatura. È l’ingrediente principale di diversi piatti del territorio come la fonduta o la cotoletta alla valdostana.
Dopo il suo riconoscimento della Dop alla Fontina, risalente al 1996, è stato riconosciuto nel 2002 con decreto ministeriale anche il Consorzio Produttori e Tutela della Dop Fontina, che oltre a procedere alla marchiatura delle forme rispondenti al disciplinare di produzione, oggi esercita anche funzioni di tutela, promozione, valorizzazione, informazione del consumatore e cura generale degli interessi relativi alla denominazione.