Da Antonio Panigada, il “Maga Lino” di San Colombano, rossi di classe e un passito che fa sognare

“Antonio Panigada, viticoltore indipendente in San Colombano, 100% uve proprie”. Così si firma sulle etichette dei suoi vini, Antonio Panigada, appunto, che nel suo messaggio efficace, esprime tutto l’orgoglio di essere vignaiolo che difende il suo terroir, coltiva le sue vigne, raccoglie e vinifica le sue uve, le imbottiglia nella sua cantina e vende il suo vino.
banino-lui e bottiglie.jpg“Contadino” per scelta, dopo aver messo nel cassetto la sua laurea in Economia e Commercio conseguita all’Università Cattolica del Sacro Cuore. Fiero di fare il mestiere che han fatto nonno Antonio prima e papà Stefano poi. Antonio, in questi anni, ha interpretato il suo fare vino come una missione. Con il risultato che il suo amore per la terra e il suo imporsi di lavorare senza compromessi, rispettando l’ambiente in modo rigoroso, hanno fatto di lui l’ambasciatore del gusto di San Colombano (borgo di rara bellezza che deve il suo nome al monaco irlandese che lo cristianizzò nel VI secolo, introducendo la coltivazione della vite).
Con il nome dei suoi abitanti, banini, ha chiamato il suo vino bandiera, Banino, conosciuto come il “vino di Milano”, visto che le dolci colline fra la bassa Pavese e la piana lodigiana in cui nasce, rientrano nella provincia del capoluogo lombardo.
banino-lui.jpgLa sua cantina è nel centro di San Colombano, in una delle sue vie più belle e poetiche, con il cortile che ospita i locali per la pigiatura delle uve e la lavorazione dei vini, e il piano interrato, sotto la corte, accanto all’angolo degustazione, che custodisce le antiche cantine di famiglia con volte a vista, dove i vini più importanti affinano prima in legno e quindi in bottiglia.

A essere vinificate sono solo le uve provenienti dai cinque ettari di vigneti di proprietà, siti in località La Merla, Baracca e Cà del Mazza, tutti ben esposti a sud e in zona collinare. Come dicevamo, nei vigneti non viene fatto uso di diserbanti, ed erba e fiori di campo con il loro sfalcio nutrono le viti. Nella stagione vegetativa, poi, la protezione fungina è attuata usando principalmente zolfo e rame, senza trattamenti antibotritici, mentre la vendemmia, totalmente manuale, è effettuata in cassette. Vinificazione e affinamento avvengono senza fretta, secondo i tempi lunghi che la natura richiede, coerente alla sua filosofia che non accetta alcun compromesso al ribasso per rincorrere il mercato. Il risultato sono vini che possono avere vita lunghissima, qualora si abbia la pazienza di aspettare e si resista alla tentazione di stapparli. Ma che siano giovani o meno, sempre, hanno timbro suggestivo di autenticità. Sono bianchi e rossi che, come ci ha confermato anche la nostra ultima degustazione, non seguono le mode, ma raccontano cielo e terra da cui nascono, esprimendosi con una classe infinita.

È il bicchiere con cui pasteggiare ogni giorno, il San Colombano Doc Banino rosso tranquillo. Da uve barbera, croatina e uva rara, dopo un affinamento di 12 mesi in legno e acciaio, nel millesimo 2019 ha colore rosso rubino, naso elegante con note di frutta rossa e spezie, mente al palato ha bella struttura e beva dinamica.
banino-vigna la merla 2015-2016.jpgTra i rossi il fuoriclasse è il San Colombano Doc Banino rosso Riserva Vigna la Merla. Da uve barbera, croatina, uva rara e piccole percentuali di merlot e cabernet franc, questo autentico cru, già nostro Top Hundred, dalla eccezionale struttura, affina 24 mesi in rovere e altri 20 mesi in bottiglia, senza esser sottoposto a chiarifiche e filtrazioni. Tre i millesimi che abbiamo degustato, meglio, di cui abbiamo goduto, ovvero 2007, 2015 e 2016, detto che si trattava di un formidabile tris d’assi, memorabile, tra gli assaggi più emozionanti di sempre, il 2007.
banino-vigna la merla.jpgDal colore rubino, profondo e impenetrabile, al naso era perfettamente integro, intenso, con un bouquet ampio e di rara finezza, con uno spettro di profumi che spaziava dalla frutta rossa, e in particolare la marasca, alle spezie, alternandosi a note di mandorla, per chiudere con nuance balsamiche e di liquirizia, mentre al palato era pieno, ricco, di grande struttura ma con tannino ben integrato, e con freschezza e sapidità perfettamente bilanciate a render il sorso di irresistibile soddisfazione, grazie a quel timbro salino, ammandorlato, che svelava la nobiltà delle terre bianche, calcaree e ricche di fossili della collina ripida, ed emersa dal mare in cui nasce. Uno dei più grandi vini d’Italia.

Coup de coeur, infine, il Banino Aureum Colline del Milanese Igt 2018. Da uve malvasia aromatica di Candia fatte appassire in cassette di legno in solaio. Nel bicchiere ha colore oro antico, con sfumature color ambra. Aromatico, dai profumi invitanti, al naso si propone con note di albicocche, cedro candito, datteri, miele, mentre al palato è dolce, ma per nulla stucchevole, grazie alla buona acidità che sostiene la beva, e con un finale lunghissimo. L’alfiere orgoglioso e illuminato della sua terra che era Maga Lino per l’Oltrepò Pavese, Antonio Panigada lo è per la sua San Colombano!
banino-aureum.jpg

Az. Agr. Antonio Panigada – Banino

Via Vittoria 13
San Colombano al Lambro (Mi)
Tel. 0371/898795

 

ILGOLOSARIO WINE TOUR 2023

DI MASSOBRIO e GATTI

Guida all'enoturismo italiano

ilGolosario 2024

DI PAOLO MASSOBRIO

Guida alle cose buone d'Italia