De Alessi e la sua Barbera per papà

03.06.2015

Lu (Al) era celebre come paese dei canonici (qui se ne contava almeno uno per famiglia) portatori di una ricchezza che si vede ancora in qualcuno dei palazzi di famiglia oggi in fase di ristrutturazione. Lu è una città della nocciola, che qui è stata protagonista di una vera e propria rinascita e oggi grazie al Consorzio Corilu può contare su un ciclo di produzione completo. La fortuna della nocciola e la crescita dei noccioleti ha significato però, per la prima volta nella storia, un arretramento dei vigneti. Eppure nel vino le soddisfazioni non mancano.

La storia di Roberto De Alessi è quella di chi, pur arrivando da un altro lavoro (guidava gli elicotteri), ha messo tutto se stesso nel vino. Physique du rôle del vignaiolo monferrino, gambe forti ben piantate nelle sue terre, fa vini che si sentono prima di essere bevuti. C’è tanto affetto in queste etichette. Mepari è il nome scelto per la Barbera del Monferrato Superiore 2010: “Il nome - spiega la controetichetta - è grande come la saggezza di colui che mi ha insegnato il rispetto e l’amore per la mia terra”. Mepari in dialetto piemontese è “mio padre”. Partiamo da questo vino, per tanti motivi. Perché è quello che ancora una volta ci ha convinto. Perché è un vino che ben rappresenta questa azienda, un vino di cuore, passione. Vinificazione tradizionale, affinamento 6 mesi in acciaio e 15 in tonneau prima di approdare alla bottiglia, nel bicchiere ha colore rosso intenso, concentrato. Al naso è la barbera, con la frutta ben percepibile, la prugna, la ciliegia, i mirtilli, e poi le note più evolute, di pepe e grafite. In bocca ha consistenza, si mastica prima ancora di bere, con la spiccata acidità sorretta da una struttura di tutto rispetto.

Poi a raccontare De Alessi ci sono altri rossi che marcano il territorio di Lu, la Barbera del Monferrato, fresca, dai profumi intensi di frutta fresca. È il vino della piacevolezza, che accompagna il salame crudo e la grissia che qui vicino (a San Salvatore) ha la forma del pugno di Primo Carnera. E ancora il Grignolino, altro autoctono da manuale, con i suoi colori tenui, i profumi delicati e la piacevole acidità. Fin qui il Monferrato. Poi abbiamo assaggiato i vini più muscolari: il Monferrato Rosso “Dalera” 2005, da uve merlot. Vinificato prima in acciaio, poi 15 mesi di tonneau e lunga permanenza in bottiglia. Un campione di dieci anni che sorprende per la sua longevità (e le prospettive nel futuro). Rosso porpora intenso, al naso fa emergere le note erbacee e di peperone e tutta l’evoluzione dei suoi profumi terziari. In bocca è caldo, robusto, morbido.

La coté selvatica esce invece nel Monferrato Rosso “Soldò” 2007, da uve pinot nero in purezza. La ciliegia sotto spirito evolve nel sottobosco, si fanno largo gli odori di pellame, cuoio e tabacco. Tannino setoso e persistenza a completare il quadro. Ma qui siamo in terra di nocciole che diventano torte dai profumi tenui. Da abbinare al moscato o a passiti non troppo invasivi. De Alessi ha una sua interpretazione piacevole. Si chiama “LV” ovvero la quinta legione romana da cui - leggenda vuole - nacque Lu. È un vino delicato, da uve moscato e gewurtztraminer. Ha colori tenui, di pastello, così come i suoi profumi. Che non hanno quell’esuberanza di alcuni moscato, escono a tratti. Ci sono tanti fiori e quella bella nota di salvia che invita a bere. In bocca è un dolce appena accennato, che ritrova la freschezza del naso. È un passito estivo, da bere fresco e provare (chissà) anche accanto alle pesche.

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