Che strada prenderanno i vini dei Colli Bolognesi?

Degustazione di Pignoletto e vini rossi

29.06.2021

La domanda è sorta dopo la degustazione di un campionario di vini, presso la sede del Consorzio di Tutela che raggruppa le denominazioni del territorio, dove la prevalenza era di Pignoletto frizzante secondo varie declinazioni e poi, quasi in seconda battuta, di vini rossi con la prevalenza del taglio bordolese.
Ora, sul Pignoletto, vino che nasce dal vitigno grechetto gentile, abbiamo provato una gradevolezza generale, dove il filo conduttore era la freschezza molto pronunciata, con un’acidità profonda in taluni casi. Ma se qualcuno già pensa a paragoni col Prosecco, sappia che è fuori strada: due vini diversi, due fragranze e due descrittori fruttati decisamente differenti. Per questo il Pignoletto è da conoscere, per chi ama il genere frizzante tout court nei vini con un’acidità diritta che è la sua intima caratteristica.

L’ASSAGGIO dEL PIGNOLETTO

Aveva note citrine il campione del 2020 di Tenuta Santa Cecilia - Vigneti della Croara di San Lazzaro di Savena, con un’acidità pregnante e una bella persistenza e poi finisce leggermente sapido. Il Colli Bolognesi Pignoletto frizzante 2020 di Manaresi di Zola Predosa era fruttato al naso e fragrante; in bocca una freschezza equilibrata davvero gradevole. Ci è parso dritto, col suo colore tendente all’oro il campione del 2020 affinato 2 mesi dopo il passaggio in autoclave. Di questo campione ci ha colpito la buona persistenza. Note floreali particolari (un fiore tipo tulipano) per un sorso pieno e un’acidità ancora un po’ slegata. Era il Pignoletto frizzante "Bonzarino Bianco" di Tenuta Bonzara di Monte San Pietro. Buono il 2020 de Il Monticino di Zola Predosa con leggere note animali sull’evidenza verde incisiva da sembrare un prato. Equilibrato, piacevole, lungo, con una nota amarognola sul finale

Il campione di Botti di Monte San Pietro aveva anche questo note fruttate fresche ed era diritto, secco, con buona persistenza. Notevole il campione di Corte D'Aibo di Monteveglio, che è un’azienda (abbiamo visto dopo l’assaggio alla cieca) dai nomi, già conosciuta dal Golosario è quindi è stata una felice conferma. Qui al naso senti note verdi, ma anche distese e fruttate; in bocca è pieno ed emerge la pesca che ti accompagna anche al palato. Cremoso, iconico, forse ciò che ti aspetti e dovrebbe essere un Pignoletto frizzante.
Ci ha poi colpito il campione di Fedrizzi Alessandro di Castello di Serravalle, rifermentato in bottiglia. Ha colore oro, al naso spiccano note minerali; in bocca è diritto, lungo, fresco con un’acidità che persiste e non molla. È secco e particolarmente intenso. Il Pignoletto "Lilium" di Vezzalini Francesco (Casetta Belvedere) di Castello di Serravalle è rifermentato in bottiglia e si presenza con il millesimo 2019. Un bell’esemplare lineare, corretto teso, fresco con qualche punta ruvida di tannino che lo rende piacevolissimo. Bravo!
Il Pignoletto "Sur Lie" della Tenuta Santa Croce di Monteveglio è anch’esso rifermentato in bottiglia e il millesimo è del 2018. E qui risenti la pesca, descrittore principe di quest’uva: in bocca è croccante con un finale acidulo piacevolissimo. Bell’equilibrio. Il Pignoletto "Frizzante Rifermentato in Bottiglia" 2018 di Alessandro Zanardi di Casalecchio di Reno ha color oro e note miste fra animali e fruttate. È teso e finisce con una nota amaricante. Il Pignoletto "Pinus Laetus" della Tenuta La Riva di Castello di Serravalle ha colore oro ed è un 2016. Qui senti anche una piccola nota di idrocarburo che denuncia una bella mineralità. Al naso è erbaceo, floreale, senti l’erba magnata. In bocca è molto fine, pregrante ed equilibrato. Decisamente il campione migliore dei nostri assaggi, e colpisce che sia un vino del 2016, a denunciare quanto ci sia da lavorare su quest’uva che sa dare risultati molto interessanti.


Gli spumantiPassiamo ora agli spumanti e qui il Pignoletto "Lieto" di Botti del 2020 si presenta equilibrato, secco, ricco, piacevole. Ma a differenza dei campioni frizzanti precedenti, qui sono più rade le soddisfazioni. Che comunque arrivano all’assaggio del 2018 del Podere Riosto di Pianoro, altra cantina del nostro Golosario, che alle note verdi spiccate fa seguire un sorso pieno di piacevolissima cremosità.
Nel campione 2018 il "Francia Brut" charmat lungo di Gaggioli di Zola Predosa, senti emergere la pesca fragrante e una bella finezza delle bollicine. Il Pignoletto Spumante Brut Bio 2018 di Cavazza Isolani di Monte San Pietro ha invece note di fiori secchi, una cremosità iconica e una pienezza coerente con l’equilibrio complessivo di un vino che ha comunque un’acidità pregnante. Il Pignoletto spumante Dalla terra e Dal Mestiere di Gianluca Allegro di Monteveglio è del 2017 sta sui lieviti 24 mesi ed ha anch’esso note di spighe di grano e poi frutta e anche verde. È complesso al naso, in bocca rimane la freschezza. Molto buono il metodo classico "Pinus Laetus" di Tenuta La Riva di Castello di Serravalle che sta 40 mesi sui lieviti (millesimo 2016). Ha colore oro, bollicine fini, note fragranti di foglie bagnate. Per certi versi champagneggia. Sarà questa la strada da perseguire?

I Pignoletto Superiore 2020Col campione di Azienda Agricola Isola di Monte San Pietro si inaugura invece la via dei Pignoletto Superiore 2020. Questo di Isola ha note intense floreali ed è vellutato in bocca. Termina con un amarognolo tenue. Il Pignoletto di Gaggioli che si affina per sei mesi ha note di canfora e frutta; in bocca è secco, equilibrato, fine. Il Pignoletto Superiore 2019 di Alessandro Zanardi alle note fruttate fa sentire leggeri idrocarburi. In bocca è rotondo e poi precipita l’acidità. Buoni anche i due campioni superiore del 2019 di Podere Riosto e Corte d'Aibo dove entrambi hanno note fruttate spiccate e una bellissima freschezza, segno che ci stanno lavorando da tempo e con buoni risultati. Il campione di Cavazza Isolani è Superiore 2018 bio e qui senti la crosta di pane che veleggia sulle note citrine che poi daranno freschezza al sorso.
Pochi gli esemplari presenti di Pignoletto fermo. In ogni caso il "Vigna Antica" 2020 di Tenuta Bonzara non si smentisce. È molto fine già al naso, senti le spighe di grano, in bocca è pieno, elegante, con un finale ammandorlato. Ci è piaciuto.
Ma anche il "Vecchie Vigne" dell'Azienda Agricola Isola non era male. È un 2019, e qui senti la frutta matura ma anche note sottili animali. È fresco e piacevole, di buona persistenza. Notevole è stato poi il Pignoletto 2019 di Manaresi che sta sulle fecce fini per un po’ di tempo. E qui ti coglie la nota balsamica mentolata, il rosmarino. Una freschezza che risenti in bocca, intatta, con tutta la sua freschezza e il finale amaricante.

I VINI ROSSI DEI COLLI BOLOGNESI

Da qui ecco il capitolo dei vini rossi, dove in tutta franchezza non abbiamo provato grandi emozioni per gli 8 esemplari di Barbera. La migliore è stata la riserva 2016 de Il Monticino; la nota di rosa l’abbiamo colta nel "Raggi" di Tenuta Folesano, che era del 2017 così come la Barbera di Alessandro Zanardi, che mostrava anche note speziate e di sottobosco. Ma lo ripeto e mi scuso per la severità (sono barberista di nascita e di sangue), ma questi esemplari non reggono il paragone con ciò che esiste già in Piemonte. Ma sto parlando di ciò che era presente, perché se penso agli assaggi passati di Federico Orsi, il discorso cambia. Quindi è possibile un’originalità bolognese della Barbera.
Degli altri rossi dico subito che i volti alti sono andati ai Merlot, entrambi in acciaio. Ovvero il Perditempo Rosso di Terre Rosse Vallania che aveva note di fiori di campo, sandalo e una bella rotondità in bocca accompagnata da una freschezza piacevole. Era un 2020, mentre Il Colli Bolognesi Merlot "Del Ricordo" di Botti era del 2019 e si mostrava con note ampie, eleganza in bocca, ben fatto.

Il merlot col cabernet spiccava anche nel Bolognino "Rosso" de Il Monticino, che aveva anche una velata tannica. Il Rosso di Gaggioli era un ricco taglio bordolese del 2018 ed aveva note di ciliegia, vermut, e un’acidità vibrante. Buono il Rosso "Controluce" di Manaresi, solo cabernet sauvignon. Il campione del 2012 di Cavazza Isolani ci ha sorpresi, taglio bordolese ancora fresco, con note profonde di sottobosco, ciliegia e un equilibrio ritrovato interessante. Ma ancora di più è stato il 2009 elevato in legno, sempre di Cavazza Isolani, dove senti ancora quelle note di sottobosco, e ti godi l’equilibrio, il sorso steso, di buon equilibrio che termina con un amaricante.
Segnalo poi come molto buono il Cabernet 2018 di Podere Riosto con note fruttate iconiche, equilibrato, tannico, pregevole e quello di Tenuta Bonzara, stessa annata, dove emergevano di più le note erbacce tipiche del vitigno. In bocca era setoso. Anche i due 2015, rispettivamente della Tenuta Santa Croce e di Corte d'Aibo non erano niente male. Il primo aveva note minerali evidenti; il secondo era un prato verde al naso, diritto, fresco, di bell’equilibrio.
In sostanza qual è il Rosso dei Colli Bolognesi? Se penso a Enrico Vallania dico che la strada è stata tracciata da diverso tempo. E quindi sta nei tagli bordolesi. Ma se guardo a Orsi, che sta cercando un’originalità nella barbera con un vitigno migliorativo della famiglia sterminata dei neretti, dico che lavorandoci forse si può arrivare a un portafoglio più ampio di referenze. Ciò che non va messo in dubbio è il valore del terroir e ritrovare i campioni delle migliori cantine di sempre è stata una conferma che questi vini sono da conoscere a iniziare dalla goduria del Pignoletto.

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