Se il cardo serve a scaldarci

23.01.2015

Parte in Sardegna il primo modello di bioraffineria integrata con il territorio, grazie a un accordo firmato da Coldiretti, Novamont e Consorzi Agrari d’Italia. L’accordo in particolare prevede di coniugare una coltura come il cardo, capace di crescere su terreni aridi e poco adatti a colture tradizionali e a basso consumo di acqua. Quella che viene presentata oggi come una novità, fa parte di una tecnologia produttiva sviluppata da Novamont a Matrìca di Porto Torres, dove, partendo dall’utilizzo di materie prime agricole e di scarti vegetali, si produce una gamma di prodotti chimici (biochemicals, biointermedi, monomeri per la produzione di bioplastiche, basi per biolubrificanti e bioadditivi per gomme) attraverso processi assolutamente innovativi e a basso impatto. L’accordo firmato servirà a promuovere la coltura del cardo in Sardegna e a sostenere il suo valore economico attraverso contratti di filiera, aprendo nuovi canali per tutta l’agricoltura locale. Una notizia decisamente interessante, che fa il paio con quella di una soluzione alternativa agli Ogm, riportata nella Notizia del giorno del 23 gennaio. Ora, premesso che il cardo gobbo di Nizza Monferrato rimarrà pur sempre un alimento per scaldare corpo e anima, essendo il principe incontrastato della bagnacaoda, quella del selvatico cardo sardo dimostra come la scienza può essere indirizzata a soluzioni utili nella direzione di quella che viene chiamata “sostenibilità”. E di questo volentieri vogliamo continuare a darne notizia.

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