La stella agli chef o al ristorante? L'opinione di Ferrero

I dubbi di Federico Francesco Ferrero su un riconoscimento che sembra più premiare lo chef star che il lavoro di squadra costruito da tutta la brigata

17.11.2016

La classifica della Guida Michelin giudica anche quest’anno una delle due eccellenze italiane riconosciute nel mondo: la cucina, orgoglio nazionale insieme alla lirica. Ma la classifica 2017 dimostra essenzialmente, assegnando due stelle a un locale aperto da meno di un anno, che anche la Guida Rossa ha smesso di valutare i ristoranti, mentre ha scelto di premiare gli chef. In meno di sei mesi di lavoro è piuttosto difficile che un locale abbia potuto già mettere a regime ambiente, servizio e cucina, al punto di meritare di essere inserito nei migliori ristoranti d’Europa.

Quando l’arte era una cosa seria, perfino il maestro Verdi era pronto a mettersi in discussione fino alla messa in scena della Sua ultima opera, il Falstaff, che affrontò con una buona dose di autoironia. Un’opera è il frutto del lavoro di molte persone, di vari ingenii e di un’azione maniacale di cesello e messa a punto, che si rinnova ad ogni allestimento, ad ogni singola rappresentazione. Pare invece che oggi le star della cucina producano capolavori semplicemente firmando un menu e che il lavoro di tutti i loro collaboratori sia indifferente e non indispensabile. Ma d’altra parte, che sarà mai la lirica di fronte a un intramontabile piatto di risotto?

Concordo con Federico Ferrero e rimango perplesso su alcuni locali che abbiamo provato e che poi non abbiamo messo in guida. Con tutto il rispetto, per fare un esempio, Felice Lo Basso a Milano ci ha lasciati perplessi. E lui non c'era neppure quella sera. All'Unico di Milano ci ha colpito la tenuta dello staff, nonostante Felice non ci fosse più (ma anche prima era spesso in giro per consulenze). Tra le due location non c'è paragone, al netto della terrazza sul Duomo. Ma la Michelin ha penalizzato l'Unico togliendo la stella e promosso Lo Basso. Quindi le stelle vanno addosso agli chef e non ai locali. Questo, caro Federico, ci sembra chiaro. 
Paolo Massobrio

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