A Torino, ramen e amen

L'autentico ramen giapponese si gusta a Torino nel locale di Gian Luca Zambotto

28.03.2017

“È davvero bizzarro che sia la cucina giapponese a imporre le mode anche in paesi di grande tradizione culinaria…” (Davide Paolini sul Sole 24 Ore del 5/3/2017 “Inzuppati nel ramen”)

Una cosa che mi piace da matti, quando sono in Giappone, è andare, soprattutto a pranzo, a mangiare in quei locali specializzati in un solo piatto ma, soprattutto, in quelli dove fanno le zuppe con vari tipi di tagliatelle udon, soba e… naturalmente, il ramen! Il pasto deve essere economico (di solito si spende meno di dieci euro), veloce (nessun indugio, bisogna tornare al lavoro e il locale chiude all’una e mezzo), buono e c’è sempre un gran casino, o almeno così sembra a noi turisti.
I Giapponesi, in verità, mangiano tutto con la loro solita efficienza e se ne tornano all’ufficio pieni di energia. La versione basica è la mia preferita: noodle, maiale tenero, germogli di soia, cipollotto in una scodella di brodo caldo. Si mangia rigorosamente la pasta con le bacchette, possibilmente aspirando e facendo rumore, poi si beve il brodo direttamente dalla tazza. In questi locali puoi trovare, seduti allo stesso bancone, il presidente della multinazionale e il facchino del mercato del pesce; sorbiscono entrambi con lo stesso fragoroso risucchio il loro ramen e se ne vanno entrambi con la stessa soddisfazione in viso. Sono di solito locali con pochi posti e, in quelli particolarmente buoni, ti capita, per entrare, di doverti mettere in fila, ma l’attesa non è mai molta. Nei migliori, il cuoco ha magari un’esperienza trentennale, sempre a cucinare lo stesso piatto, senza mai perdere la voglia anzi, con orgoglio, cercando sempre di migliorarlo. Conoscere l’indirizzo giusto per una veloce pausa pranzo, a Tokyo, vale un piccolo tesoro e lo si può consigliare solo ai veri amici.

Il segreto del successo di questa cucina, a mio avviso, è semplice: oltre che salutare è divertente! E’ bello poter mangiare rumorosamente e anche sbrodolarsi in santa pace! Nel Rakugo, monologo comico teatrale tradizionale dove un narratore mimo, inginocchiato su un cuscino, racconta una breve storia, uno dei numeri più esilaranti è quello in cui, fingendo di sorbire rumorosamente la pasta, si deve far capire al pubblico solo con il suono del risucchio, che tipo di pasta si stia mangiando e… per chi volesse vedere un film veramente bizzarro e incatalogabile, Tampopo di Jūzō Itami (1985), storia di una giovane signora giapponese proprietaria di un punto di ristoro di ramen, unisce con graffiante ironia il piacere visivo del cibo alla sensualità delle vite disperate.

Tutto questo per dire che, mentre il ramen da fighetti con tendenze gastrofusion di certe ramenerie milanesi mi lascia indifferente, mi sono goduto per ben due volte il locale torinese Ramen-Ya Luca. Il titolare Gian Luca Zambotto di anni 39, laureato in fisica, durante l’anno sabbatico post laurea, dopo essere stato in Giappone senza accorgersi del ramen (il Giappone si cela), se n’è innamorato mangiandolo da un cuoco giapponese in California. Lui sì che è rimasto inzuppato nel ramen! Dopo averli provati un po’ tutti, ha aperto il suo spaccio a Torino, il più semplice, il più autentico. Pasta fatta in casa, sei tipi di ramen, una scodella dieci euro.
Chi vuole sentirsi bambino, può provare la Ramune, una gassosa giapponese in cui la bottiglietta si apre con uno speciale apritappo che fa scivolare una pallina di vetro all’interno per far uscire il gas nella bibita. Tranquilli… c’è anche la birra!

RAMEN-YA LUCA
via San Domenico 24F
Torino
tel. 0117653240
In apertura: via Principe Tommaso 12/D - Torino

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