Grana Padano: dieci cose che abbiamo imparato

Dopo la visita virtuale del 1° aprile, vi raccontiamo questo formaggio in dieci spunti (anzi, assaggi) che ci permettono di apprezzarlo ancora di più

08.04.2021

• I foraggi si modificano da provincia a provincia perché cambiano le strutture foraggere, vuoi per terreni, vuoi per consuetudini agricole. Di conseguenza cambia anche il gusto del latte (e formaggio).

Mungitura in automatico. Le mucche hanno la massima libertà e il sistema di mungitura meccanizzata permette agli animali di presentarsi al momento per loro più congeniale. Non solo, perché grazie al sistema informatizzato è possibile avere una prima lettura del latte.

• Lo spino è l’arma infallibile del casaro e quella che caratterizza il Grana Padano. Serve per rompere la cagliata fino a ridurla delle dimensioni di un chicco di riso. Questo serve per togliere la maggior parte possibile del siero ed è un’operazione che viene tuttora eseguita manualmente. 
• Le fascere sono sia in plastica sia in acciaio. Le prime hanno lo scalzo dritto e le seconde convesso. Il casaro, su quelle in plastica, mette una fascia con i dati e la placca di caseina con il codice della singola forma che ci racconta da chi è stata fatta, il giorno, il conferente del latte. In pratica è la carta d’identità. 

• Il martelletto non è una prerogativa del giudice. Infatti, dopo il nono mese di stagionatura, passa l’esperto di Grana Padano che con un martelletto batte le forme e in base al rumore decide del loro destino cioè se saranno Dop oppure no, diventando un generico formaggio stagionato.
• Se passa l’esame, scatta la marchiatura a fuoco e finalmente nasce una forma di Grana Padano. Se questo non fosse possibile per qualche difetto come gonfiori anomali, estrema pesantezza (non può superare i 40 chili), spaccatura, si provvederà invece a cancellare la scritta Grana Padano. 

Osservare lo spicchio è il primo gesto che si dovrebbe fare non appena si ha in mano il Grana Padano. Anche l’occhio vuole la sua parte e la struttura del Grana si riconosce immediatamente. 
• I puntini bianchi non sono un difetto ma una caratteristica dei campioni oltre i 20 mesi. Sono aggregazioni di tirosina che ci concentra e dà quella sensazione quasi di sabbiosità.

Burro cotto, noce moscata, fieno e frutta secca sono la ricetta olfattiva che un bel campione di Grana Padano stagionato può offrire.

• La granulosità in bocca è una delle prime e peculiari sensazioni che si percepiscono, data dai cristalli di tirosina che si rompono in bocca e ne amplificano la solubilità.   
Come definire quindi il Grana Padano? La somma di tutte queste sensazioni e quel qualcosa in più, l’umami, il quinto gusto, quello che solitamente viene definito come saporito e che in realtà va ancora oltre. Il sapore che nasce da una memoria sensoriale, che per alcuni deriverebbe addirittura dal latte materno, quindi dalla nostra storia, personale e collettiva. Una storia che, per il Grana Padano, tocca quasi i mille anni.

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