Non de-mordere storie di una ristorazione possibile

Le posizioni dei ristoratori in risposta alla lettera della chef di Apricena al premier Conte

15.04.2020

Negli anni Venti due fratelli, Dick e Maurice, dopo il licenziamento del padre da direttore di una grossa fabbrica, decidono con i loro risparmi di partire e tentare la strada del cinema in California. Il sogno di produttori finisce presto e si riconverte in un più solido cinema, dotato di uno snack bar interno. La sala è pronta proprio nel pieno della Grande Depressione. Gli affari vanno male e sono costretti a chiudere dopo qualche anno. Loro non demordono e aprono un classico drive-in che però non funziona e li riduce quasi in miseria. Ma loro non demordono e decidono di cambiare formula trasformando a fine anni Quaranta il locale in una hamburgeria, con solo panini e servizio al banco, eliminando il personale sui pattini a rotelle per tagliare i costi. 

Una classica storia di imprenditoria americana, dove la cultura del fallimento è radicata come motivazione per fare meglio. Certo stiamo parlando di un mondo diverso rispetto all’Italia ma resta comunque un esempio in questi giorni di profonda sfiducia.

Ha fatto scalpore la lettera di una chef di Apricena (Fg) che ha scritto al premier Conte rimandando al mittente il prestito garantito dallo Stato previsto dal Decreto liquidità e affermando provocatoriamente: “Chiudo tutto e chiedo il reddito di cittadinanza”.
La notizia, anche sulla pagina Facebook del Golosario, ha acceso un ampio dibattito, in cui sono state tante le posizioni di solidarietà all’imprenditrice e le espressioni di rabbia per una situazione di stallo istituzionale, ma contemporaneamente non sono mancate - ed è la cosa che ci ha fatto più piacere - le posizioni di riscossa. Di chi ha deciso, comunque vada, di non arrendersi. 

Roberto Astuni, titolare del ristorante hotel Alla Corte di Bassano del Grappa (Vi) invita a vedere, nonostante le difficoltà, il bicchiere mezzo pieno: “Dobbiamo capire COME sarà il post-Covid! Intanto partiamo dalle garanzie prestate dallo Stato. In realtà non sono 400 miliardi ma 30 quelli destinati alle PMI, ma comunque sia avere una garanzia non personale è già qualcosa. C'è un preammortamento di due anni (quindi la prima rata sarà a maggio 2022) e da allora potrai restituire il finanziamento in 6 anni e quindi nel 2028. Puoi anche rinegoziare il debito corrente previsto dall'Art. 13 comma 1 sub e) e pagare così una rata molto più bassa e avere anche la liquidità per ripartire”.
L’accento quindi è su come sarà il lavoro “dopo”. Come sottolinea anche Matteo Falconi della Trattoria i Falconi di Ponteranica.

Roberto Astuni del ristorante hotel Alla Corte di Bassano del GrappaPer Davide Gramegna de l’Osteria Rosso di Sera di Castelletto Sopra Ticino (No) la crisi Covid fa emergere un altro problema: “La drammatica situazione creata dal Coronavirus evidenzia una preesistente mancanza di coesione della nostra categoria, che pertanto non è riuscita e probabilmente non riuscirà a far sentire la propria voce. Io non so come sarà il domani, forse molti ristoranti non ci saranno più, certo è che la gente continuerà a mangiare e bere.... riflettiamoci”.
Davide Gramegna col fratello Cristiano della Trattoria Rosso di Sera di Castelletto Sopra Ticino (No)Il problema è ampio, come spiega anche Matteo Scibilia e coinvolge non sono l’imprenditoria ma il mondo del lavoro e della formazione in generale: “Un grande problema che si aggiunge a tutti gli altri, il 40 % dei ristoranti diminuirà il personale, che comporterà una penuria di cuochi e camerieri sul mercato basti pensare alla filiera del turismo estivo, praticamente azzerata, quindi molto personale disoccupato. Grazie alla cucina e ai Cuochi in tv abbiamo le scuole alberghiere strapiene di allievi cuochi e camerieri, un mondo che rischia di saltare, cosa faranno tutti questi allievi chef? Ci vorrebbe un nuovo patto scuola /mondo del lavoro, facilitare gli stage, meno burocrazia per facilitare un apprendistato se no le scuole tempo l'anno scolastico prossimo saranno in tilt”.
Matteo Scibilia con la moglie Nicoletta Le parole più confortanti però arrivano dai ristoratori che hanno alle spalle una lunga carriera e che, nonostante questo, non lasciano spazio alla stanchezza quanto piuttosto alla voglia di rimettersi in gioco. Come fa Cristina Carbone, della famiglia che ha creato Manuelina di Recco: “L’emergenza in atto è grave per tutti, ma certo la ristorazione, come tutto il comparto turismo ed eventi, è tra le categorie più colpite. Abbiamo la quasi certezza di 2/3 mesi di chiusura e la consapevolezza di una ripresa con molte incertezze. Quindi le nostre giornate sono dominate dalla preoccupazione. Lo sfogo della collega credo sia frutto di questo. Il governo poteva fare di più o meglio? Certo. Mollare però non si può! Ci vuole ponderazione e analisi dell’azienda. Io sento su di me delle responsabilità e voglio mettermi in gioco”. O Paola Bertinotti del Pinocchio di Borgomanero: “Fino ad ora lo Stato non lo abbiamo mai sentito dalla nostra parte, ha sempre preso. Abbiamo visto sparire il nostro lavoro in tasse sempre più fantasiose. Questo ossigeno promesso ora probabilmente per molti arriverà troppo tardi, il Covid 19 colpirà duro le aziende che non hanno liquidità sufficiente a coprire almeno le spese fisse fino all’apertura. Quindi, quando e dove è possibile, tiriamoci su le maniche e reinventiamo il nostro futuro”
Al centro Paola e Piero Bertinotti del Pinocchio di BorgomaneroBeppe Sardi porta la sua esperienza di ripartenza, nel 1994, con l’alluvione che aveva distrutto il locale e messo in ginocchio la città di Alessandria: “Che dire alla collega, tieni duro, certe decisioni vanno prese a bocce ferme, cioè quando piano piano si riaprirà. A lei dico questo perché nel 1994 nell'alluvione in Piemonte, io ho perso ristorante e casa, ovviamente il primo pensiero è stato CHIUDO, poi pensi ai soci, ai dipendenti e per ultimo ti chiedi e io cosa farò? Così continui e riparti. Ben felice di averlo fatto. Però voglio ricordare a tutti che la ristorazione in Italia era al top, e gli aiuti sono arrivati sia per le aziende che per i privati. Ora la situazione è completamente diversa, non sono state colpite una o due regioni, ma tutta l'Italia, non sono così fiducioso in grandi aiuti. La ristorazione italiana, prima di questa schifosa Pandemia, era già un po’ in difficoltà, quindi oggi sarà un po' più complicato di allora, però cara collega, un consiglio con il cuore, RIPARTI"
Lo chef Beppe SardiRoberto Pirelli chef e patron del ViDi di Portopalo di Capo Passero guarda già oltre, a nuove strade per la ristorazione: “Capisco lo sfogo della collega, io penso che ci sia tanta confusione, rabbia, paura e sicuramente poca tutela per noi ristoratori. Giorni fa leggevo e rileggo volentieri l'articolo del maestro Corrado Assenza: la cucina non potrà più bastare a se stessa. Occorre fare tutti un passo oltre...speriamo di avere l'intuizione e andare nella direzione giusta”.
Roberto Pirelli del ViDi di Portopalo di Capo PasseroL’intuizione, la stessa che hanno avuto negli anni Quaranta i fratelli Dick e Maurice che probabilmente per tagliare i costi e razionalizzare il lavoro si erano inventati la formula dell’hamburgeria. Formula che anche così non era piaciuta subito e che rischiava di fallire se non fosse stato per i camionisti di passaggio che negli anni della ripresa economica iniziavano ad apprezzare la velocità del servizio. Fu così, dopo la Grande Depressione, le diverse false partenze e la Seconda Guerra Mondiale, che nel 1948 si salvò per un soffio quello che sulla strada di San Bernardino era noto come McDonald’s Barbecue.

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