Ma quali stelle?

Intorno al dibattito sulla cucina d’autore scatenato da Masterchef

20.12.2021

Prima puntata di Masterchef 11, la signora Oriana sfida Barbieri, titola La Stampa: “Voi cucinate cose che la gente normale non capisce”. E si apre una discussione, ovunque: c’è chi si schiera con Oriana e chi no. Certo è che gli autori di Masterchef un po’ ci hanno giocato con questa boutade, che non è calata all’improvviso nel segno della casualità.

All’interno del Club di Papillon qualcuno ha scritto che la gente non capisce soprattutto i prezzi di una certa cucina blasonata, mentre Antonio Meli da Palermo ha stigmatizzato la frase di uno chef con due stelle il quale avrebbe detto che se non arriva la terza chiude.
Fra i vari commenti, ecco quello di Gabriele Crescioli dal Trentino che scrive:

"Non che mi interessi/appassioni moltissimo in realtà sapere cosa dicono di questo o quello chef... Io sono stato poche volte in locali dalla corona radiosa ed ancora meno volte in quelli stellati Michelin, sempre per questioni di costo. Ma ... Mi è capitato e ne conservo un tale stupore che spero il dott Alzheimer non venga mai a portarmelo via, cosa che invece ha già fatto per il prezzo, di cui non mi ricordo minimamente. Tanto per iniziare mi permetto di dire, senza tema di smentita, che il prezzo degli stellati, di quel tipo di alta cucina, è secondo me giustificatissimo. Se un locale ha 50 posti a sedere e per dare una cucina a tre stelle ha 15-20 persone ben pagate fra sous chef, cuochi ed aiuto cuochi oltre a sommelier, maitre di sala, camerieri e quant'altro occorra al fine di far vivere ai propri clienti un'esperienza unica che rimanga scolpita nella memoria... I costi sono altissimi e non possono non riversarsi sul conto finale. La materia prima, anche la più elevata possibile,  mediamente non credo arrivi al 20% del costo del piatto. Lo chef siciliano che dice o mi arriva la terza stella o sbaracco, sarà arrogante e "provocatorio" come mi sembra di aver letto anche qui, ma ha pienamente ragione e probabilmente ha solo a cuore che il suo ristorante stia in piedi economicamente. Anche per non essere costretto a fare lo showman, se non una vera e propria prostituta per casseruole/detersivi/cucine e piatti pronti, come la maggior parte dei tristellati in tutto il mondo. Il giudizio della signora Oriana, probabilmente straordinaria massaia, è esattamente come quello dell'imbianchino che diceva a van Gogh o più tardi a Picasso che le loro pitture la gente non le capisce. Almeno noi che sappiamo e capiamo il sacrificio di questi veri e propri artisti, evitiamo di assecondare l'invidia dei nani. Il lavoro e la diuturna fatica che comporta ottenere e soprattutto mantenere le stelle Michelin sembrano un assurdo, come sembra assurdo il costo dei vestiti di alta moda di Valentino o Coco Chanel. Ma senza loro, senza la diffusione della formazione necessaria a raggiungere determinati obbiettivi, senza gli enormi costi di manodopera correlati a quel tipo di eccellenza, avremmo un panorama enogastronomico infinitamente meno valido, con una standardizzazione verso il basso di tutto. Compresa la rivalutazione delle nostre tradizioni agricole o gastronomiche. Per cui, bando ai moralismi pseudo cattolici o sinistri. Viva le stelle Michelin ed i loro piatti straordinari quando capaci di scolpirti la memoria come pietre miliari, viva i loro prezzi alti se sono frutto di passione e cura e che danno il giusto valore alle cose quando sono realmente eccezionali. Non sono la cucina di tutti i giorni, non sono neppure il mio sogno, ma… senza di loro saremmo tutti infinitamente più poveri, nonostante i soldi risparmiati per non andarci”

Detto questo, l’argomentazione di Gabriele è condivisibile, molto meno questa roulette russa legata al giudizio di una guida francese. A noi personalmente, vedere chef che scappano dai loro clienti e dalle cucine dove sono perché non hanno raggiunto un traguardo che di fatto ha pochissima oggettività, fa anche un po’ pena. La dignità di un lavoro non può essere in balia di un ispettore d’Oltralpe e della sua Grandeur che mai e poi mai sottoscriverà ciò che il mondo riconosce: il primato della cucina italiana. 
 

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