Come ogni anno i mesi che precedono l’estate stanno diventando frenetici per la nostra squadra di collaboratori alle prese con le verifiche dei ristoranti. Verifiche che quest’anno ci danno un quadro sempre più in movimento, con tante chiusure come se fosse il longCovid della ristorazione e nuove realtà che si affacciano, di cui puntualmente stiamo dando rapporto su IlGolosario.it. Detto questo, ecco la nostra decina di giugno che ci ha offerto alcune felici conferme.
L’Italia del gusto ha una delle sue anima più luminose, in Emilia, a Polesine Zibello. È la famiglia Spigaroli, una storia da film iniziata 150 anni fa con il bisnonno Carlo, norcino di fiducia del Maestro Giuseppe Verdi. È proseguita con le generazioni successive che hanno allevato animali, piantato pioppi, prodotto ortaggi, frutta, grano, salumi, fino a Luciano e Massimo, che con il loro genio hanno creato nella bassa parmense un piccolo mondo dedicato all’ospitalità, alla ristorazione, alla produzione di salumi valorizzando questo territorio posto sulla golena del Po. Di questo ecosistema fa parte il ristorante Al Cavallino Bianco, gestito da Luciano e sua moglie Antonietta, con Benedetta, la figlia, davvero in gamba e che sta già dimostrando di avere i numeri per far crescere ulteriormente le attività avviate da genitori e zio. Dal 1968 il locale fa parte dell’Unione Ristoranti del Buon Ricordo, e anche se tutta la carta è uno spettacolo, noi non rinunciamo mai al menu dedicato, del Buon Ricordo, appunto, quello che si conclude con la consegna dell’iconico piatto in ceramica.
Il frutto non cade mai lontano dalla pianta, dice il proverbio. E se la “pianta” è un grande del gusto come Mauro Elli, ecco spiegato perché non ci ha stupito vedere che il locale aperto da suo figlio, l’Abbiccì di Seregno, prosegue nel solco dell’eccellenza. Protagonista è Gabriele Elli, accoglienza nel sangue e stile da patron di classe, che a condividere questa avventura ha chiamato Andrea Pruneri, cuoco che si è formato con maestri importanti (tra cui anche Mauro Elli, appunto) e che oggi è guida sicura dei fornelli.
È uno dei migliori ristoranti d'Italia (e del mondo). È a pochi minuti dal confine con la Svizzera, ed essendo a meno di un’ora da Saint Moritz, e avendo prezzi di rara ragionevolezza per l’offerta di qualità che ha, non vi stupirete se ai tavoli troverete una clientela di intenditori, con un gran numero di stranieri. La Lanterna Verde è la splendida creatura della famiglia Tonola. Qui tutto è eccellenza. Un gioiello l’ambiente, pieno di charme, con la sala con pareti immacolate, affreschi, travi a vista in legno e il camino, e, adesso, nella bella stagione, il delizioso dehors. A valere il viaggio, sarà sia come si viene coccolati sia i piatti. Sono unici il calore e la professionalità del servizio, coordinato in modo magistrale da papà Antonio, che è fuoriclasse della sommellerie (come vi dirà la sua cantina-capolavoro) e da mamma Cecilia Pedrini, regina dell’ospitalità. Ed è sequenza indimenticabile di emozioni il percorso con le creazioni del figlio Roberto, chef di che nonostante la giovane età ha già il passo dei grandi.
Quella del Fatur è una storia iniziata nel 1914 e che dagli esordi a oggi è sempre stata nel segno della crescita. Oggi è una realtà che include il ristorante, una pasticceria e l’hotel. A occuparsi di voi i Comi, una grande famiglia del gusto, qui con papà Pierangelo e mamma Bruna e i talentuosi figli Patrizio e Matteo. Nella bella sala o, in primavera e in estate, nel fresco dehors all’ombra dei sontuosi platani secolari. Con il servizio che vede in regia Giuseppe Pantano maître che con una vita di servizio ha esperienza e conoscenza da grande professionista ma ancora l’entusiasmo di un esordiente. Con i vini di una ricca cantina, cucina italiana che va dal territorio al mare.
"Bottega", visto che è negozio, dove si può fare una spesa di qualità. E “ristorantino-bomboniera”, dove ai fornelli troverete uno dei tre soci che ha creato questa attività, Sauro Grandi, alfiere formidabile della cucina tradizionale che i nostri lettori ben conoscono. Accomodatevi ai tavoli appena oltre l’ingresso, o della saletta-gioiello tutta in legno in stile stube, con grande camino. E poi preparatevi a fare un viaggio nella tradizione lombarda e italiana, attraverso piatti che sono interpretazione magistrale delle ricette della nostra storia (un piatto su tutti, per dirvi cosa potrete godervi, su ordinazione, la faraona alla creta, vale il viaggio!).
È la nostra sosta dedicata alla cucina di pesce in mezzo alle risaie del Vercellese. È un luogo che ci ha folgorato quando anni fa vergammo il faccino radioso, confermato poi da successive prove. Ora, diciamo che qui si bada alla sostanza, ma questo non giustifica qualche angolo di disordine e nemmeno l’assenza di una meditata scelta di vini a bicchiere. Anche perché Gianpiero Boda, il patron, è un oste vero, mentre la moglie e il figlio Gianluca stanno in cucina a preparare i loro piatti iconici sempre convincenti. Certo qui la clientela è affezionata e passa sopra a certi particolari. In ogni caso, la carta dei vini ha qualche buona soluzione, mentre il menu è sempre interessante e per certi aspetti originale.
Siamo tornati dalla Jole al Testaccio, la trattoria romana che ha come sottotitolo “la cucina di Nonna”. E che ha una carta dei vini sorpresa da abbinare ai piatti iconici della tradizione, a iniziare dall’ottima trippa alla romana con la mentuccia che è stato un piatto di Golosaria 2024, premiato sul palco a Milano. Nella sala sappiate che c’è un fresco naturale, perché quello è l’imbocco di una cantina.
Che sorpresa trovarsi in un mezzogiorno a Verona, in zona San Zeno, in questa nostra sosta radiosa che è capace di fare felici tutti. L’ambiente stesso è invitante e arioso. Per noi, da scegliere fra gli antipasti il polpo fritto su crema di legumi o il mantecato di merluzzo con patate, guazzetto di cozze e pane carasau. Ai primi un eccezionale risotto con mazzancolle marinate al whisky e una pasta alla carbonara di storione bianco e fumé.
Mi ha reso davvero felice tornare alla Cantina del Rondò di Neive, dove Emanuela ha lasciato le redini della cucina al giovane Christian Bortolaso, un ragazzo talentuoso che ha imparato alla svelta a cucinare quei piatti del ricettario di Arpino, abbinati ai vini del territorio che nei primi anni venivano serviti direttamente dalle botti di legno, secondo un capriccio del compianto Francarlo Negro che aveva convinto tanti produttori famosi. Questo locale è accogliente in ogni suo angolo: sia nella sala d’ingresso con il bancone sia in quella di fianco che immette poi nella cantina e sia nel dehors dove abbiamo cenato.
Che bello trovarsi a Bossolasco, una sorta di capitale dell’Alta Langa che sulla nostra guida svetta con una teoria di ristoranti radiosi. Uno di questi è la Drogheria, che si affaccia in una via del centro (e di fronte ha pure un locale informale stile vineria). L’interno è quanto di più intimo e accogliente possiate immaginare: anche nel dehors chiuso e luminoso dove abbiamo cenato nella nostra visita.