Alla scoperta delle affascinanti Isole del Tesoro di Tokyo - con lo chef Takahiro Higuchi

1^ puntata: La vita sulle isole di Toshima e di Shikinejima si merita il titolo di patrimonio culturale immateriale

07.05.2020

La metropoli di Tokyo include ben 11 isole con i loro abitanti. Queste sono isole scolpite dalle onde dell’Oceano, ciascuna con caratteristiche differenti e in ciascuna il tempo trascorre in modo diverso. Questo arcipelago viene chiamato “Le isole del Tesoro di Tokyo (Tokyo Treasure Islands)”.
Lo chef, Takahiro Higuchi, del popolarissimo ristorante italiano “SALONE TOKYO” ha viaggiato in tre di queste isole, Toshima, Shikinejima e Kouzushima alla ricerca del terroir, per conoscere la gente e le materie prime.
In questa 1^ puntata parleremo delle isole di Toshima e Shikinejima, piccoli lembi di terra con un limitato numero di abitanti e del loro stile di vita sostenibile che ha saputo non farsi travolgere dalla frenesia dei nostri tempi.
Purtroppo il COVID19 ha allontanato ancora di più da noi queste isole, anche perché la loro ricettività in questo momento è chiusa. Tuttavia non appena verrà consentita la riapertura dei porti e degli aeroporti di Tokyo saranno di nuovo collegate e diventeranno destinazioni molto interessanti da visitare.

La pesca alle aragoste sull’isola di Toshima non può prescindere dalla protezione della specie

Takahiro Higuchi, lo chef che ci accompagna, ha fatto esperienze in Sicilia per tre anni dal 2002. “La Sicilia in sé è una grande isola ma io andavo spesso all’isola di Favignana.” È un’isola famosa per il porto dove arrivavano tutti i tonni pescati. “Allora veniva ancora praticata la pesca tradizionale chiamata “mattanza” e c’erano anche delle aziende di trasformazione del tonno.” L’identità da cuoco di Higuchi ha quindi la sua radice in Sicilia per la cultura isolana e per la cucina del pesce. Eravamo quindi curiosi di vedere come avrebbe reagito a queste isole di Tokyo, cosa vi avrebbe scoperto con i suoi gusti educati dalle bellezze e dalle bontà siciliane.

La prima isola da visitare è Toshima, con 8 km di perimetro, 4,12 km² di superfice e una popolazione di 320 anime. È un’isola piccolissima.
Si arriva in un aeroplano da 19 passeggeri dall’aeroporto di Chofu fino all’isola di Oshima in 25 minuti e da lì con 10 minuti di elicottero fino all’isola. Per via aerea non ci vuole molto; invece se vuoi arrivarci per mare è tutta un’altra storia.
Questo perché l’isoletta si trova in mare aperto, in mezzo all’oceano dove arrivano sempre grandi onde da sembrare quelle dei disegni di Katsushika Hokusai nelle “trentasei vedute del Monte Fuji.” Molti viaggi in nave vengono annullati per questo motivo. Quando si parla della difficoltà di accesso, l’isola viene definita “area inesplorata di Tokyo”.

La vista dell’isola dell’elicottero. Ha una forma perfettamente conica da ricordare un mortaio da cucina giapponese, suribachi. Ora, queste furiose onde danno una caratteristica peculiare alla pesca di Toshima.
“Proprio per il fatto che la nostra isola si trova in mezzo ad una grande corrente e le onde sono grandi, le aragoste o le conchiglie sazae diventano più muscolose e gustose”.
Così dice Kenta Kawamura, consigliere del consorzio dei pescatori del comune di Toshima. Per capirlo basta assaggiarle in sashimi. Sono croccanti e più le mastichi più si sente la profondità del gusto con una lunga persistenza di dolcezza e umami sulla lingua. Sono anche di misura molto grande.
Takanori Umeda proprietario dell’affittacamere tradizionale “Shinki” ha pulito un’aragosta che pesava 400g. “Uno dei motivi per cui i pesci di questa zona crescono molto è che noi liberiamo quelli piccoli.” Continua Kawamura. I soci del consorzio di Toshima hanno fatto la scelta di non pescare le aragoste di peso inferiore a 200g. E questo allo scopo di proteggere le aragoste come risorsa. Parlando delle precauzioni prese per la protezione della specie, hanno anche deciso volontariamente di non uscire per la pesca durante la stagione della riproduzione, tra giugno ad agosto, e anche fuori da quella stagione, tra settembre a maggio: per 10 giorni al mese non escono a pescare durante la luna crescente.

Proprio un giorno prima dell’arrivo dello chef Higuchi era cominciato il periodo del divieto di pesca.
“Dovete sapere che le aragoste sono animali notturni per cui, quando escono fuori dagli scogli vengono catturati con la rete da posta. Quindi non ha nessun senso andare a pescarli con la luna crescente perché ci vedono.” Aggiunge Kawamura che, già quando fu assunto al consorzio 15 anni prima, questi limiti venivano rispettati senza essere mai messi in discussione. Tra l’altro vige il divieto di pescare anche gli abaloni con un guscio di misura inferiore a 13 cm, una specie di abaloni più piccoli detti tokobushi con il guscio inferiore a 4,5 cm, le conchiglie sazae con il guscio inferiore a 5 cm o di peso inferiore ai 200 g. E per quanto riguarda le conchiglie sazae è indicato anche il limite di peso totale permesso ad ogni pescatore.
Vedendo l’atteggiamento protettivo dei pescatori dell’isola di Toshima per il futuro del mare, lo chef Higuchi non nasconde la sua emozione.
Ryusuke Hasegawa dell’associazione “Amici per la valorizzazione territoriale” accompagna lo chef alle vasche dove vengono conservate le aragoste e le conchiglie sazae. Per quanto riguarda le aragoste vengono classificate per ogni 50g da 200g fino a 500g.

Olio, carbone, cenere e lievito… mille modi diversi di utilizzare la camelia.

La pesca all’aragosta fu sviluppata sino a farla diventare un’industria dopo il periodo di Taisho (1912-1926). Prima l’industria principale era rappresentata dalla camelia. La storia della coltivazione di camelia sull’isola di Toshima risale fino a 200 anni fa, al periodo d’Edo (1603 – 1867). Quasi l’80% dell’isola era coperto da queste piante e, in inverno, ben 200mila alberi sbocciavano tutti insieme.

Quando lo chef Higuchi ha visitato l’isola era all’inizio di febbraio, nel periodo di piena fioritura della camelia. Le piantagioni di camelia sono curatissime. Molti sono gli alberi secolari e ne testimoniano la storia di 200 anni. “Qui mancano i fiumi e le sorgenti, quindi non si poteva coltivare il riso. In sostituzione del riso veniva spedito l’olio di camelia come tributo annuale al governo.” dice Daiki Kato, dipendente della filiale di Toshima di JA Tokyo Tousho. Kato ci teneva a fare qualche cosa di utile per gli altri così, licenziatosi da un’importante azienda agricola, si è trasferito sull’isola di Toshima. Il suo caso non è affatto speciale infatti, tra i 320 abitanti dell’isola, quasi la metà è di gente che si è trasferita con la famiglia.
Circa 40 famiglie agricoltori possiedono un bosco di camelia e ognuno lo gestisce per conto suo, ma tutti sono curati impeccabilmente. Ovunque si vada per l’isola si nota una successione di muri a secco che circondano le piantagioni di camelia. l’intera isola sembra un bellissimo giardino di questo fiore.
“Una volta c’erano 5 frantoi invece oggi ne è rimasto uno solo…” dice Kato. Allora lo chef Higuchi dice “Anche qui c’è un frantoio in cogestione. È come in Sicilia.”
Kato continua “l’olio ricavato dai semi di camelia è ricco di acido oleico, resistente al calore e all’ossidazione e solidifica meno. Non ha gusto forte né odore, neutro insomma, quindi è adatto sia all’uso alimentare sia ai cosmetici. Per di più dal legno di camelia si possono ricavare i pettini o anche carboni. Dicono che ci sia chi produce lievito madre dai fiori e lo usi per la panificazione o qualche ceramista che usi la cenere delle foglie per la glassa della ceramica. La camelia ha mille utilizzi ed è una grande risorsa per valorizzare l’isola di Toshima.” Le sue parole ci trasmettono la sua passione e le sue aspettative sul futuro della coltivazione della camelia. Secondo Kato il lavoro più faticoso è la raccolta dei semi. Una soluzione sarebbe l’utilizzo del sistema progettato dal Ministero degli Affari Interni e delle Comunicazioni detto “Working Holiday in un paese rurale”*
“Voi state facendo un progetto meraviglioso.” La passione di Kato ha commosso anche lo chef Higuchi, tanto che queste parole gli sono uscite spontaneamente di bocca.

Le patate Satoimo tramandate nell’isola.  

L’isola di Toshima è un’isola incontaminata dove si vive ancora come una volta, senza lasciarsi travolgere dalle onde dei tempi moderni. Kato ci ha accompagnato da una signora la cui vita è proprio un esempio di questo stile; si chiama Chieko Maeda. Coltiva nel suo orto patate satoimo, patate taro giapponesi, broccoli, cavolfiori, cavoli, piselli e così via mentre per scaldarsi accende nel focolare tradizionale “irori”, il carbone ottenuto dai rami di camelia dopo la potatura.
Lo chef si è stupito e le ha chiesto “Produce carbone lei!?” E Maeda gli ha risposto: “C’è una carbonaia comunale dove possiamo produrre carbone dal legno di camelia.” Pare che il carbone di camelia, che ha una piccola dimensione dei pori ed è denso e duro, abbia una buona resistenza al fuoco e quindi riscaldi più a lungo.
Nell’orto sia io che Higuchi abbiamo aiutato la signora a raccogliere le patate satoimo. Per non rovinarele, prima si scava la terra un fossato intorno alla pianta di circa 30cm di diametro e la si tira su tutta intera con le radici.

Prova di raccolta seguendo le indicazioni di Maeda. “La forza e qualche trucchetto aiutano a raccogliere bene.” Dice lo chef Higuchi. “Quasi tutti quelli che hanno un orto in casa coltivano le patate satoimo. Essenzialmente le si coltiva per uso famigliare ma, quando le abbiamo spedite ad un locale specializzato in oden (un piatto con molti ingredienti diversi bolliti insieme nel brodo dashi ) hanno avuto un grande successo.” continua Maeda. “… perché non si disfano durante la lunga cottura, ma rimangono soffici, con la consistenza un po’ viscida e prendono bene il gusto del brodo.” Queste sono proprio le caratteristiche di queste patate. Allo chef che le chiede consigli sul loro uso lei risponde così:
“I tuberi genitori sono adatti a fare crocchette invece i tuberi figli sono ottimi per “nikkorogashi (patate cotte nel brodo dashi facendo consumare il brodo a fine cottura.)”.
“A Capodanno dedichiamo queste patate e mochi (tortine di riso amidoso) all’altare del Dio Shintoista. Anche perché fra i tuberi ci sono genitori, figli e persino i nipoti, sono il simbolo della prosperità della famiglia.” dice Maeda.
Infatti, per non estinguere la varietà, ogni famiglia tramandava la sua e, quando si correva il rischio di perderla, se le scambiavano tra le famiglie per non rimanere senza. Si conservano le patate più belle dell’anno lasciandole con la terra e, dopo averle coperte con paglia, le si depositano in una scatola di cartone per seminarle la primavera successiva come patata genitrice.
All’Orange, locale dell’isola; (foto a sinistra) cernia cotta in agrodolce, patate satoimo cotte, sashimi d’aragosta, tempura di erba ashitaba (pianta originaria del Giappone). ( foto a destra) Shimazushi ( =sushi dell’isola) All’isola Oshima e Toshima viene chiamato “Bekkouzushi”
Da 4 anni L’azienda agricola Toshima Farm sta provando la produzione di shochu (liquore) ricavato dai bulbi dei gigli Sakuyuri (giglio originario di questo arcipelago).

Sull’isola di Shikinejima le patate americane mantenevano la vita della gente.  

Vanno a pescare in mare e coltivano le verdure nell’orto. L’autosufficienza è fondamentale per la vita su un’isola.
Anche sull’isola di Shikinejima questa regola è valida, così come si vede dalla cucina servita all’albergo “Mimatsuya Ryokan”.

La cena presso Mimatsuya. Ci sono il sugarotto pescato dal padrone, tataki (piatto tipico dell’isola di Shikinejima) specialità della padrona e così via. Tutte le verdure sono coltivate nell’orto di famiglia. “Una volta c’era poco da mangiare allora andavamo a caccia degli uccelli in montagna.” dice Katsuhiro Shimoi della Camera di Commercio del Comune di Niijima.
“L’isola di Shikinejima ha un terreno vulcanico – calcareo non adatto a coltivare il riso. La gente dell’isola coltivava le patate chiamate “America-imo”. Rispetto alle patate americane o Satsuma-imo in genere hanno una buccia bianca e per questo vengono chiamate anche “patate bianche”. Crescono bene nel terreno magro e, in più, sono adatte a lunga conservazione. Sulla derivazione del nome ci sono diverse teorie ma molti dicono che sono provenienti dall’America. “Ancora oggi la gente le coltiva nell’orto di casa. Dopo la raccolta le conservano ad una temperatura inferiore a 10°C così durano per tutto l’anno. Le si fa cuocere al vapore, in purea, se no, dopo l’essiccatura, mescolate con riso amidoso, le si può usare per preparare una torta “imo-mochi”.
Sono patate americane. Ancora oggi vengono utilizzate in modi diversi.
Yuko Fujii della panetteria “Pampu” panifica producendo il lievito madre dalle patate americane. Naturalmente delle patate coltivate da lei stessa.
“Mi è venuto in mente di panificare utilizzando le materie prime prodotte all’interno dell’isola. Ho provato con diversi ingredienti e quello più adatto è la patata americana che contiene vitamina C resistente al calore.”
Sforna pane a cassetta, croissant, pani dolci alla danese così via, con molta varietà e fornisce anche le isole Niijima, Toshima. Pampu ha portato una boccata d’aria nuova alla vita di queste isole dove le novità scarseggiano. Il suo pane è così amato che, appena lo espone, va esaurito.
Yuko Fujii della panetteria “Pampu”. Dopo il matrimonio si è trasferita a Shikinejima, l’isola nativa di suo marito. Per il fruchtebrot, pane di frutta, usa il sale dell’isola Oshima, Shochu di Niijima e il rhum distillato sulle isole di Ogasawara (Un altro arcipelago della Metropoli di Tokyo.
Toshihito Okuyama di “Okuyama” progetta la produzione di shochu (distillato) solo dalle patate americane coltivate nell’isola di Shikinejima. La foto che tiene in mano è della signora Den Tsutsumi che gli ha insegnato la coltivazione delle patate americane. (foto a destra) il suo shochu che si chiama “Jinata” prende il nome dalle terme importanti dell’isola “Terme di Jinata”.

I tonnetti striati si trovano fuori stagione e il “tataki”, piatto orgoglio della cucina del territorio.  

Siamo arrivati al porto proprio all’ora dello scarico dei tonnetti striati dalla nave. Erano partiti alle 6 di mattina e, dopo un’ora di viaggio, hanno pescato i tonnetti striati e sono rientrati. Forse perché quest’anno la temperatura dell’acqua non è scesa, i tonnetti striati che scendono verso l’equatore si trovano ancora da queste parti. Kiyoshi Onuma, il vicepresidente dell’ufficio di Shikinejima del Consorzio di pesca di Niijima e Koji Yamamoto, pescatore, pesavano e inscatolavano un tonnetto striato nella sua scatola insieme al ghiaccio. Dicono che, al mattino successivo, partiranno per il mercato del pesce di Toyosu, Tokyo. Quel giorno sono stati pescati circa 40 tonnetti da 3 o 4 chili l’uno ma Onuma ci dice “non sono molti, nelle giornate di pesca più proficua arrivano 60 o 70 tonnetti.”

Koji Yamamoto ci mostra il tonnetto striato più grande pescato in quel giorno. Yamamoto gestisce anche l’affittacamere tradizionale “Kaneyama”. Kiyoshi Onuma insieme agli altri pesa i tonnetti, uno per uno, e li mette in una scatola con il ghiaccio con un movimento veloce ma con cura assoluta.
All’isola di Shikinejima c’è un allevamento di pesci. Sotto il muro c’è il collegamento dell’acqua al mare. Vengono allevati dentici, caranghi e altri pesci. Mentre gli uomini escono in mare le donne del consorzio della pesca ci danno dentro a preparare il “tataki”. In questa zona per “tataki si intende un surimi (pesto di pesce), soprattutto di pesce volante e di sugarotto azzurro e lo consumano fritto o mettendolo nella zuppa. È un piatto tipico della cucina di casa, ma 35 anni fa il gruppo di donne all’interno del consorzio lo ha trasformato in un prodotto commerciale. È un piccolo capolavoro tanto da vincere il premio del Ministero dell’agricoltura, delle foreste e della pesca al Concorso Nazionale delle Ricette di Pesce.
All’albergo “Mimatsuya Rokan” ci hanno fatto vedere come si fa il “tataki”. Si mescolano sugarotto azzurro e pesce volante in proporzione 1 a 1 e li si fa friggere a temperatura bassa. Nella ricetta di Mimatsuya vanno aggiunte anche erbe ashitaba ma su questo cambia la ricetta a seconda di ogni famiglia.
La scatola di merenda “Shimanori bento” è una specialità dell’isola di Shikinejima. La foto è quella del supermercato “Miyatora”, sagola di salvataggio per gli abitanti dell’isola.

Aiutiamoci e sosteniamoci l’un l’altro. Così proteggeremo la nostra isola.  

“Sull’isola di Shikinejima non c’è una stazione di vigili del fuoco né un’impresa di pompe funebri. Ma abbiamo organizzato un gruppo di vigili del fuoco e esistono i gruppi di vicini. Insomma… siamo abituati a darci una mano.”
Anche se l’estate scorsa abbiamo subito molti danni dai tifoni, tra vicini si andava ad aggiustare il tetto degli altri o a spostare un albero caduto. Tutti hanno dato una mano a risistemare il villaggio. Dice Shimoi che 20 anni fa si è trasferito in quest’isola perché si è innamorato del loro modo di vivere.
“I lavori che gli altri fanno per te li restituirai con i tuoi lavori. Non è una questione di denaro.” Veniva voglia di dire che proprio la vita dell’isola in sé merita il titolo di patrimonio culturale immateriale.

Al mattino del rientro a Tokyo siamo andati all’ufficio del turismo per salutare Shuichi Tamura e lui ci ha detto “stiamo per partire tutti insieme a scavare i resti antichi e poi a curare le piantagioni di camelia.”
Siamo andati di nascosto a vedere i loro lavori. Una decina di persone lavoravano con concentrazione. In mano a questi custodi è stato lasciato il destino dell’isola. Lì abbiamo visto che cos’è la sostenibilità vera e propria.

“Agepan (pan fritti)” sono prodotti popolari dell’isola fatti da “Ikemura shoten”. Ci sono tre versioni, al kinako ( farina di soia tostata), all’erba ashitaba e alla cannella. Non appena messi sugli scaffali vanno esauriti. *Working Holiday in un paese rurale ( Furusato Working Holiday) In un paese rurale del Giappone si può vivere per un certo periodo (una settimana / un mese) lavorando in una struttura agricola o turistica proposta dal comune per conoscere meglio il posto e se stessi.
Dopo il viaggio alle isole, lo chef Higuchi ha creato una zuppa di pesce utilizzando la materia prima delle tre isole, l’aragosta di Toshima, il berice rosso di Kouzushima e la patata americana di Shikinejima. Per quanto riguarda il berice rosso dopo la marinatura con l’olio di camelia viene grigliato con i carboni di camelia.

Takahiro Higuchi
Nato a Tokyo nel 1976. Partì nel 2002 per la Sicilia per 3 anni e dopo il rientro in Giappone fece lo chef del ristorante “Siciliano” di Ginza, Tokyo e diventò lo chef leader del Gruppo Salone a cui appartiene il suo ristorante. Nel 2011 è stato nominato gran chef del Salone e anche executive chef del Salone Tokyo dal 2018.
Il Gruppo Salone è una catena di ristoranti di alta cucina che fa nascere molti cuochi d’eccellenza come Keita Yuge,lo chef del ristorante Salone 2007 di Yokohama e vincitore del Pasta World Championship 2019 o Tomoya Yamaguchi, lo chef del ristorante “il Teatrino del Salone” e vincitore “Gold Egg” a “RED U-35” del 2017.
◎SALONE TOKYO
http://salone.tokyo/

◎Tokyo Metropolitan Government Bureau of General Affairs
https://tokyo-treasureislands.jp/
coordination by Kayo Yabushita
photographs by Shinya Morimoto

 

 

樋口敬洋シェフが発見する「東京宝島」の魅力 
vol.1 利島、式根島に息づく無形文化財のような暮らし。

東京には人々の暮らす11の島があります。太平洋の波に磨かれながら独自の時を刻んできた個性的な島々です。総称して「東京宝島」。
人気イタリア料理店「SALONE TOKYO」の樋口敬洋シェフが、東京の島ならではの風土、人、食材を求めて、神津島、式根島、利島の3島を訪れました。

面積も人口もコンパクトな利島と式根島には、時代の波に洗われずに生き続けるサステナブルな暮らしがありました。
残念ながら新型コロナウィルスの問題は、これらの3島でも宿泊施設などの休業を余儀なくさせ、私たちと島の間の距離をさらに広げてしまいました。ですが、東京からの空路、海路による連絡が再開されれば、新たな魅力あふれる旅の目的地として皆さんの目に映ることは間違いありません。

獲ると守るを同時に行う利島のイセエビ漁。

樋口敬洋シェフは、2002年からの3年間、シチリアで働いた。「シチリア自体が島ですが、さらに離島のファビニャーナ島へよく行っていましたね」。ファビニャーナ島は地中海有数のマグロの水揚げ地。「マッタンツァと呼ばれる伝統的な囲い込み漁が行われていて、マグロの加工工場もあったんですよ」。

樋口シェフのイタリア料理人としての根っこには、シチリアの島文化や魚文化が潜んでいる。そんな樋口シェフの眼に、東京の島々はどう映るのだろう。イタリアの島を知るその眼で東京の島の魅力を発見すべく、シェフは島へと向かった。

最初に訪れたのは利島である。島の周囲8キロ、面積が4.12km²、人口 約320という小さな島だ。
調布飛行場から19人乗りの小型飛行機で大島まで25分、そこからヘリに乗り換えて10分で利島に着く。空から行くとさほど時間はかからないが、これが海から入ろうとするとけっこうな難所である。
というのも、太平洋、つまり外海に浮かんでいる小島だから、絶えず荒波に洗われていて、「葛飾北斎の富嶽三十六景みたいな波がしょっちゅう見られる」と言う人もいるほど。着岸困難による船の欠航が少なくない。「東京の秘境」との呼び名もある。

しかし、その波の荒さが利島の漁業を特徴付けていることもまた事実である。
「黒潮の真っ只中にあって荒波にもまれて育つ利島のイセエビやサザエは身が引き締まって格別の味わいになる」と語るのは、利島村漁業協同組合参事の川村健太さんだ。
刺し身で食べるとよくわかる。ぷりぷりとした歯応え、噛めば舌にねっとり絡み付く濃密さ、口いっぱいに広がる甘味と旨味。しかもサイズが大きい。

「サイズが大きい理由のひとつは、小さい個体は獲らないからでもあります」と川村さん。
利島村漁協では、200g以下のイセエビは獲らないという独自ルールを決めている。資源保護のためだが、それが結果的に利島のイセエビは大きいという評判にもつながった。資源保護について語るなら、サイズ制限だけでなく、漁期の自主規制も定めていて、産卵期にあたる6~8月は禁漁、さらに9~5月の間でも月の満ち欠けに従ってひと月に10日間(旧暦15日の前後10日間、すなわち月が太る期間)は禁漁だという。樋口シェフが訪れた前日からちょうど禁漁に入ったところだった。「夜行性のイセエビは夜になると岩場から出てくる。エビ刺し網でそこを捕らえるのですが、月が明るいと隠れて出て来ないという理由もあるようです」。川村さんが漁協の職員になった15年前にはすでに漁期制限が当たり前のように実施されていたそうだ。ちなみに他の魚介にはサイズ制限を設けており、アワビは殻長13cm以下、トコブシは殻長4.5cm以下、サザエ殻長5cm以下・200g以下、タカベ全長13cm以下が禁漁。サザエに関しては一人当たりの漁獲量の制限も壁に張り出されていた。
海の未来のために徹底した姿勢を貫く利島の漁師に、樋口シェフは感動の表情を隠さない。

油、炭、灰、酵母……様々に活用できる椿。
利島でイセエビ漁が島の産業になったのは大正時代以降のことだという。それ以前は椿が産業の中心だった。

利島の椿栽培の歴史は200年以上、江戸時代までさかのぼる。島の8割が椿林に覆われ、その数20万本、冬には島中で咲き誇る。
「川や湧水がなくて稲作ができなかったため、江戸時代には年貢として幕府に上納されていたんですよ」とJA東京島しょ農協 利島店の加藤大樹さんが教えてくれた。加藤さんは、地域に役立つ仕事がしたくて、農業法人を退職後に利島に移住してきた。ちなみに利島は移住者が多く、320人を数える人口のうち、約半数が移住者とその家族だという。
椿林は約40軒の農家が所有し、各々が管理しているというが、なんと手入れが行き届いていることか。島中至る所、石垣と椿林が連なって、島全体が椿園と言いたくなるほど美しい。
「かつては5軒あった搾油所が、今は1軒になってしまって……」と加藤さん。すると、樋口シェフ「共同の搾油所があるんですね。シチリアのオリーブオイルと同じだ」。加藤さんが「椿の種から搾った油はオレイン酸を多く含み、加熱に強く、酸化しにくく、固まりにくい。無味無臭でクセがなく、食用にも化粧用にもなります。また、椿の幹や枝から櫛が作られ、炭としても利用されてきた。花で酵母を起こしてパンを焼く人もいれば、椿の葉の灰を釉薬に使う陶芸家もいると聞きます。椿をもっと資源として活用して利島の活性化につなげたい」と椿に託す思いを熱く語った。

加藤さんによれば、大変なのが種拾いだという。加藤さんは総務省の「ふるさとワーキングホリデー」* の制度を活用して、種拾いの人材確保に努めている。
「素敵な取り組みをやられているんですね」と樋口シェフは加藤さんの熱い思いに心を動かされた様子だった。

島で伝え継がれるサトイモ。
利島は、時代の波に洗われず侵されず、昔の暮らしを留めてきた“手付かずの島”だ。加藤さんが案内してくれた前田千恵子さんの暮らしはその典型と言えるだろう。
代々受け継がれてきた島のサトイモをはじめ、ブロッコリー、カリフラワー、キャベツ、グリンピースなど野菜を育て、剪定した椿の幹や枝で作る炭を囲炉裏にくべて暖をとる。
「炭を自分で焼くんですか?」と驚くシェフに、「役場が所有する炭焼き小屋があって、椿の炭を焼くことができるの」と前田さん。細孔径が小さく緻密で硬い椿の炭は火持ちが良いそうだ。

サトイモ畑で樋口シェフが芋掘りを手伝う。実った芋を傷つけないよう、茎から半径30cmくらいの所に外堀を作り、株ごとそっくり掘り起こす。

「畑を持っている人は大体みなサトイモを育てています。基本的に自分たちが食べるための芋ですが、試しに東京のおでん屋さんに送ってみたところ、大好評。毎年リクエストされるんですよ」と前田さん。「煮崩れせず、軟らかく、粘りがあって、味が染みる」のが特徴らしい。食べ方を聞く樋口シェフに「親芋はコロッケ、子芋は煮っころがしに」と教えてくれた。
「お正月にはお餅と一緒にサトイモを神棚にお供えします。親芋、子芋、孫芋と連なるサトイモは子孫繁栄の象徴ですね」と前田さん。実際、種を絶やさぬよう家ごとに継承し、途切れそうになると互いに融通し合って、島の中で伝承されてきたという。出来の良い芋を土付きのまま藁にくるみ、段ボールで眠らせ、翌春、種芋として植えるそうだ。

式根島ではアメリカ芋が人々の命をつないできた。
魚は海で釣って来る。野菜は庭で栽培する。島の暮らしは自給自足が基本だ。
式根島でもそれは変わらない。
料理自慢の宿「美松屋旅館」で出された料理がそうだった。

「食糧難であった昔は山に罠を仕掛けて鳥を獲っていたそうです」と話すのは、新島村商工会の下井勝博さん。
「火山灰土の式根島では米が栽培できない。島民はアメリカ芋と呼ばれるサツマイモを栽培して、ごはん代わりに食べていた」という。アメリカ芋とはサツマイモの一種で、「白芋」と呼ぶ地方もあるように、皮が白い。やせ地を好み、貯蔵性に優れる。名前の由来は「アメリカから導入されたから」など諸説ある。ごはんが主食となった現代でも、「島の人は今も自分で栽培しています。収穫すると10℃以下で保存して1年かけて食べる。ふかして、マッシュ状にして、乾してから、もち米と合わせて芋餅にしたり」。

パン工房「帆風(パンプー)」の藤井悠子さんは、アメリカ芋から起こす酵母でパンを焼く。もちろんアメリカ芋は自分で栽培している。
「島の素材を使ってパンを焼こうと思ったんです。いろんな素材を試してみたのですが、耐熱性のビタミンCが豊富でクセのないアメリカ芋がよく合っていた」

食パン、クロワッサンやデニッシュ、菓子パンなどバラエティ豊かに焼き上げて、式根島のみならず、新島や利島でも販売する。変化に乏しくなりがちな島の暮らしに「帆風」のパンは新風を吹き込んだ。棚に並ぶとあっという間に売り切れるほどの人気を誇る。

時期外れの下り鰹と自慢の郷土料理「たたき」。
港へ行くと、カツオの水揚げの最中だった。朝6時に出港し、港から1時間ほどの近海で漁をして戻ってきたところ。今年は海の水温が下がらないためか、下りガツオがいまだに島近辺にいて獲れるそうだ。にいじま漁協式根島事務所副組合長の大沼清志さん、山本功二さんらが、水揚げしては重量を計り、一尾ずつ速攻で箱詰めして氷詰め。明朝には豊洲へ発送されるという。この日の収穫は3~4kgのカツオが40尾ほど。「少ないほうだね。多い時は6070尾獲れる」と大沼さん。

男性陣が海へ出る一方で、漁協女性部は「たたき」作りに励む。たたきとは地元で獲れた魚のすり身。主にトビウオとアオムロアジが使われ、たたき揚げやたたき汁にして食べる。各家庭で作られてきたたたきを35年前、漁協女性部が商品化した。全漁連シーフード料理コンクールで農林水産大臣賞を受賞した秀作だ。

助け合う、支え合う。そうして島は守られる。
「式根島には消防署もなければ葬儀屋さんもありません。でも、消防団があって、隣組がある。とにかくみんな助け合う」。昨夏の台風では多大な被害を受けたが、島民同士が互いの家に赴いて屋根を直したり、倒れた木を片付けたり、自力で復旧に努めたそうだ。20年前に移住した下井さんはそんな島の人々の生き方に惚れ込んだ。
「借りた手間は手間で返す。お金のやりとりじゃないんですね」。
島の暮らしそのものがもはや無形文化財と言いたくなる。
島を離れる日の朝、式根島観光協会に田村修一さんを訪ねると、「これからみんなで遺跡の発掘と椿林の手入れをするんです」と言う。
こっそりその場所を覗いてみた。10人ほどの人たちが黙々と作業していた。
こうして島は守られる。正真正銘のサステナビリティがここにある。

 

*ふるさとワーキングホリデー
日本中のふるさとで、一定期間、地域に滞在して地域の仕事や暮らしを体験しながら、リアルに新しい地域を知り、新しい自分を知ってもらう取り組み


樋口敬洋(ひぐち・たかひろ)
1976年生まれ、東京都出身。2002年からシチリアで3年間修業。帰国後は銀座「リストランテ シチリアーノ」のシェフを務めて以降、サローネグループをイタリア料理界のトップランナーに引っ張り上げてきた。2011年から統括総料理長、18年からは「サローネトウキョウ」エグゼクティブシェフも兼任。サローネグループは、昨年の「パスタ・ワールド・チャンピオンシップ」で世界1位に輝いた横浜「サローネ2007」の弓削啓太シェフ、2017年のRED U-35」でゴールドエッグを獲得した「イル テアトリーノ ダ サローネ」の山口智也シェフなど、イタリア料理界を担う人材を次々と輩出中。

 

 

SALONE TOKYO
http://salone.tokyo/

東京都総務局行政部

https://tokyo-treasureislands.jp/
coordination by Kayo Yabushita
photographs by Shinya Morimoto

 

 

 

 

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