Nelle ricette, la sigla maggiormente usata di fianco al termine "olio" è sicuramente "EVO". Tre lettere che rappresentano una storia e un percorso produttivo ben identificato che fa però da cappello a un numero molto ampio di profumi, colori e sapori differenti. EVO identifica anzitutto l'olio che si ottiene a un particolare stadio di lavorazione. Per capire cosa significa dobbiamo immaginare di trasportarci al frantoio subito dopo il conferimento delle olive.
Qui le operazioni principali sono tre: la molitura che prevede lo schiacciamento delle olive fino a ottenere la pasta di olive; la gramolatura che consiste nel mescolare continuamente la pasta precedentemente ottenuta e l'estrazione che serve a separare sansa e olio; quest'ultimo una volta filtrato può essere imbottigliato. Solo l'olio di prima spremitura può aspirare a diventare olio vergine o extravergine.
Nella nomenclatura ufficiale, stabilita dal Regolamento CEE 1531/2001 del Consiglio del 23 luglio 2001, la dicitura "vergine" è infatti destinata esclusivamente agli oli ottenuti attraverso metodi esclusivamente meccanici e che non subiscano trattamenti diversi dal lavaggio, dalla decantazione, dalla centrifugazione e dalla filtrazione. Questo criterio è essenziale per distinguere un olio vergine da quello raffinato e di sansa. La distinzione ulteriore, in extravergine, vergine o lampante, a sua volta, si basa essenzialmente su un criterio qualitativo. Bassa acidità (minore di 0,8 grammi) e giudizio della commissione di degustazione di nomina ministeriale, sono infatti essenziali per diventare un extravergine. Per ambire a ottenere questa dicitura e poterlo pubblicare in etichetta l'olio all'analisi organolettica deve risultare assolutamente perfetto. Immaginiamo l'etichetta di un extravergine come una carta d'identità, alla voce "segni particolari" ci sarebbe scritto proprio così: "assolutamente perfetto".
La denominazione dell'olio - come appunto extravergine - fa infatti parte delle indicazioni da inserire obbligatoriamente in etichetta, per di più nella fascia di maggior evidenza. Si tratta quindi di un'indicazione considerata essenziale dal legislatore per permettere al consumatore di sapere cosa sta acquistando. È sufficiente? Sì per la legge, ma chi oggi usa e ama l'olio vuole sapere di più: sui procedimenti produttivi, sulla cultivar e sull'origine. Una serie di informazioni che in parte possono essere già fornite in etichetta - esclusivamente di oli vergini ed extravergini - e in parte vengono acquisite attraverso un bagaglio fatto di educazione al gusto e assaggi sul campo.
Arrivare a questa conoscenza del prodotto significa passare a un livello di approfondimento superiore dove, ad esempio, l'indicazione su origine e cultivar di olive utilizzate sono determinanti per permetterci di focalizzare il prodotto che arriverà sulle nostre tavole. Extravergine di oliva, quindi, è e resta un'indicazione fondamentale come punto di partenza e non come punto di arrivo. È necessaria ma non permette di comprendere appieno il prodotto che andremo ad assaggiare se non accompagnata dalle informazioni facoltative che un extravergine ha la facoltà di inserire in etichetta.
La dicitura "extravergine di oliva" rappresenta quindi la porta d'ingresso nell'ampio mondo dell'olio di oliva. Da lì in poi sarà un viaggio tra produttori e cultivar differenti come quello che è possibile iniziare scorrendo le storie dei tanti produttori presenti sul Golosario a questo link.