La Donna Selvatica travalica le colline

L'accogliente relais Locanda del Borgo Vecchio a Neive accoglie al suo interno la piacevole sorpresa del ristorante Donna Selvatica

19.03.2016

La donna selvatica è qualcosa che i piemontesi conoscono bene: era il simbolo di Romano Levi, il grappaiolo angelico, come lo definì Veronelli, che nella sua distilleria di Neive (Cn) - ora rinata grazie a nuovi imprenditori- disegnava a mano i suoi personaggi (gli angeli con una sola ala) fra cui la donna selvatica che nel suo immaginario scavalcava le colline. Anche noi le abbiamo scavalcate da Barbaresco fino a questo paese bellissimo, che è da vivere nel suo centro storico. Anzi nel Borgo Vecchio che è il nome di un relais nuovo di zecca, che si affaccia sulle colline del nebbiolo da Barbaresco. La Locanda del Borgo Vecchio annette al suo interno il ristorante Donna Selvatica (via Rocca 13 – tel. 3358008282), che per noi è stata una sorpresa, ancor più dopo esser passati dal centro e aver visto che un mito come la Contea di Neive non c’è più.

Intanto questa costruzione imponente e un poco appartata. L’ingresso dà in una sala elegante, con il patron Valter Manzone che vi consiglia i suoi vini (buoni, meritano: Sassi San Cristoforo), ma anche una carta dei vini degna delle migliori soste. Sedetevi anche sognando di sorseggiare un bicchiere di vino su un terrazzo d’estate, che vi riappacificherà col mondo (le camere qui sono stupende). Pane, grissini e focacce sono fatti in casa.

Agli antipasti il vitello di fassone in tre versioni è un invito (battuta, magatello tonnato e tataki di Langa marinato alle bacche con emulsione di lime). Per noi la curiosa anguilla di ieri e di oggi, classica in carpione e marinata alla grappa. Ci sono anche le lumache in due versioni e il ghiotto uovo croccante alle nocciole con carciofi e salsa allo zafferano.

Fra i primi avremmo sperato qualcosa in più dagli gnocchi di patate e semi con crema di zucca e speck croccante, ma buoni erano i ravioli del plin burro e rosmarino. Altri primi: tajarin al ragù bianco, tortellone ripieno di patate viola e porri al battuto di baccalà e cima di broccolo. Più azzardata la crema di cime di rapa, crocchetta di fagioli rossi e salsa alla yogurt.

Sui secondi una corretta scaloppa di baccalà dorata su insalatina di cavolo e tapenade di pomodoro fresco e olive, coppa di maiale cotto a lungo su passatina di mele renette, fiori di broccolo e salsa di capperi. Il brasato alle prugne, con tortino di erbette e polenta 8 file è intrigante almeno quanto il controfiletto di cervo con riduzione di Barbaresco, soutè di cardi e purea di topinambur. Non manca il filetto di fassone con patate viola. L’insalata dell’orto costa 8 euro. Ma se prendete il menu degustazione con 4 portare spenderete 45 euro.

Un sorso di grappa di Levi, piccola pasticceria oppure il tortino di mon cherie con salsa di latte di mandorla e gelato fiordilatte, trio di panna cotta, spumino al ribes con cannolo e sorbetto. E il tiramisù con pere e cioccolato e gelato alla crema. Il menu è originale, il posto è fantastico. Il giovane cuoco si sta esprimendo con buona soddisfazione.
Noi in un posto così ci torneremmo volentieri.

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