Non fate complimenti. E’ una frase che quasi tutti ci siamo sentiti dire almeno una volta nella vita, invitati a un pranzo, una cena o di fronte a una semplice merenda. Alcune volte era la frase che aspettavamo per "aprire le danze". Altre volte era quello che non avremmo mai voluto sentire, perché già satolli oppure perché quanto offerto non era per nulla invitante. In quest'ultimo caso complimento sembra essere più aderente alla sua radice latina che rimanda al compimento del proprio dovere quindi mangiare e rendere così felice il nostro ospite.
Complimenti, però, sono anche quelli che si fanno solitamente allo chef, quando invece abbiamo gradito il pasto. Questo apprezzamento può anche essere espresso visivamente seguendo le regole del bon ton: piatto vuoto e forchetta e coltello posati parallelamente. Come a dire “Ok, tutto buono, va bene così”.
Il significato gastronomico di complimenti che, però, più ci piace è un altro e affonda le sue radici nel dialetto salentino dove cumprimenti veniva ad indicare dolci e bevande serviti durante il rinfresco in occasione di battesimi e matrimoni che, come si s,a la tradizione pugliese celebra con una lista di portate pressochè infinita. Consumare il dolce quindi come buon augurio ai festeggiati e come segno di gradire la tavola. Servendosi, questa volta si, senza fare complimenti.