Santa Sofia, l'Amarone con il papillon!

Dai vigneti storici della grande cantina del Veronese, una riserva antica e moderna allo stesso tempo, per un rosso - gastronomico di grande classe, e di suggestiva eleganza 

19.11.2020

Alla ricerca dell’Amarone perduto! È stata un’emozione. Chi ci segue da anni, sa che il nostro legame con Verona e il suo territorio, ha radici profonde. L’Arena, Veronafiere, il Vinitaly, l’amarone, appunto, il poker di eccellenze veronesi su cui si sono tessute decine di amicizie, che da decenni, hanno fatto della città di Romeo e Giulietta, una nostra meta del cuore. 

Ragione per cui, diciamo subito, siamo felici che da sabato 21 novembre a martedì 24 si celebrino OperaWine, Wine2WineExhibition e Wine2Wine Business (info www.vinitaly.com), accendendo i riflettori, in via digitale, sui padiglioni della fiera, in attesa che si torni nel 2021 agli eventi in presenza, con produttori e cantine, a vivere la più grande manifestazione enoica del mondo, Vinitaly.
Quello che invece pochi possono sapere, è che, agli inizi della nostra avventura nel mondo di Bacco, e già negli anni dell’Università, tra i nostri luoghi di elezione, c’era un indirizzo veronese. Era La Bottega del vino, di cui noi giovani studenti “assetati”, sia di “sapere”, sia – ça va sans dire – di “nettare degli dei”, affascinati dalla figura carismatica formidabile, dell'istrionico patron Severino Barzan, amico di Giacomo Bologna, eravamo assidui frequentatori. Nella sala antica, ma soprattutto al tavolo di quella cantina in cui erano custoditi vini da mille e una notte di tutto il mondo, a suon di assaggi, la nostra "laurea" in degustazione, conquistata uscendo da lì, più e più volte, alle prime luci dell'alba. Di quella che allora divenne la "Confraternita di Severino", oltre al gusto dell'amicizia e della compagnia, e al ricordo della gioia vissuta nelle ore passate insieme, altri tre ricordi indelebili. Un calice di proporzioni pantagrueliche, fatto preparare dagli artisti vetrai di Murano, con incisi i nomi, che aveva la funzione di decanter da Magnum, e che per anni ha fatto bella mostra di sé all'ingresso. L'incontro con la Borgogna, con bianchi e rossi da brividi, con bottiglie che Severino stappava con generosità infinita, e che oggi hanno quotazioni da capogiro. Il meglio dell'Italia sempre onorato con orgoglio a suon di calici copiosi, a partire da interpretazioni di Amarone, che decretavano in modo affascinante la stoffa da grande vino del rosso veronese, rivelando il suo essere all'altezza dei migliori vini del pianeta. Da allora a oggi, decenni di cambiamenti, con vicende alterne che hanno visto i produttori abbracciare filosofie produttive differenti, con i più che per molti anni hanno sposato la cosiddetta interpretazione moderna, più votata alla potenza. Delle interpretazioni tradizionali, ci ha sempre affascinato l'eleganza.

Ebbene, in una degustazione organizzata con la consueta professionalità da Les Enderlin, emozione vera. Nel bicchiere, l' "amarone perduto"!  L’Amarone Riserva 2012 di Santa Sofia di San Pietro in Cariano, della famiglia Begnoni. Un vino che abbiamo trovato antico e moderno allo stesso tempo, frutto di un pensiero meditato dalla vigna alla cantina, e figlio di circa 100 giorni di appassimento, 5 anni nelle botti di Slavonia e 2 anni in bottiglia.
“L’Amarone della Valpolicella Riserva 2012 - ha detto Luciano Begnoni, proprietario di Santa Sofia - nasce dalla selezione delle uve dei filari più vecchi del vigneto da cui otteniamo solitamente il nostro Amarone della Valpolicella Classico. Ogni anno vinifichiamo le uve della stessa porzione di vigneto, ma per l’annata 2012, particolarmente fortunata, abbiamo deciso di vinificare separatamente le uve dei filari più “saggi” e osservarne l’evoluzione, il potenziale di affinamento, che è avvenuto in una botte da 21 hl. Ne è nato un vino diverso, particolarmente morbido ed elegante, con una prospettiva di vita in bottiglia che secondo noi saprà sorprenderci. Rispetto all’Amarone Santa Sofia, la Riserva ha riposato 2 anni in più in legno e un anno in più in bottiglia, per un totale di 5 anni in legno e 2 in bottiglia”

Per quanto ci riguarda, assaggiato dopo l'Amarone della Valpolicella Classico 2015, promettente nella sua esuberanza giovanile e per la sua stoffa di grande classe. È stato vero coup de coeur.
Rubino profondo, quasi impenetrabile, dai riflessi granati di ottima tenuta, ci ha stregato con il suo bouquet ampio e complesso con note di marasche, ribes, prugne secche, i suoi sentori di mallo di noce, i suoi morbidi ricordi cioccolato, la sua balsamicità e il suo evocare la liquirizia, il rabarbaro, le spezie, il suo sorso dalla beva tonica e succosa, con il calore alcolico ben bilanciato da corroborante freschezza agrumata. Un rosso di classe infinita, dalla struttura importante, ma in cui la sensazione che vince su tutte è l'eleganza, con la conseguenza che, per la sua splendida bevibilità - nulla a che vedere con quei vini - bodybuilding di cui già un bicchiere stanca - si conferma vero vino - gastronomico.
È Amarone fuoriclasse! Da berne e riberne! 

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