Riflessioni dopo l'ultima visita nel locale di Gabriele Bonci

Ponti lunghi in questo inizio anno e giornate di sole da temperatura primaverili. E per fortuna, dico fra me pensando alla visita da Gabriele Bonci del 6 gennaio, nel suo Pizzarium, che più che essere disarmante è scomodo. Io e mia moglie ci siamo tornati, facendo una lunga passeggiata da piazza San Pietro a via della Meloria, 43 di fonte alla stazione della metro (fermata Cipro). Per scrupolo avevamo telefonato per sapere se era aperto ed ha risposto lui: “Siam sempre aperti”. Alle 13,30 eravamo dunque lì, nel suo Pizzarium con le varie pizze al taglio realizzate con la farina del Mulino Marino, ma anche i supllì invitanti. Via vai di gente, che prende un vassoietto e si aggiusta come può. Mangiare all’interno è quasi impossibile, all’esterno c’è qualche sgabello basso e degli appoggi di fortuna sul marciapiede. Puoi sempre spostarti sulle panchine di pietra dell’antistazione, naturalmente al freddo (o al caldo, o con la pioggia, ma chissenfrega). Comunque con la bottiglietta e il bicchiere di plastica, il vassoietto e due tovaglioli ti aggiusti e sono fatti tuoi. Provo a chiedere se c’è Gabriele, visto che al telefono sembrava proprio lui, e la ragazza alla cassa dice “No è andato via, ma se vuole le dò il cellulare del suo manager...” (che non risponderà ovviamente, ne allora, ne mai). All’ingresso del locale la faccia di questo pizzaiolo de noantri campeggia sulle copertine di vari libri che portano la sua firma: è diventato una star e probabilmente anche quel negozietto fa parte della sua immagine (bisognerebbe però chiederlo al manager a questo punto). Certo i clienti sono un po’ penalizzati... ma vuoi mettere l’Imu che risparmia Bonci, il lavaggio, la pulizia e quant’altro riguarda una pizzeria normale? Dopo due ore da quel pasto un po’ scomodo e indigesto (non certo per la bontà delle pizze e dei suoi condimenti) eravamo dalle parti di piazza di Spagna, in un locale che si chiama “Grano Frutta & Farina” (via della Croce, 49/a). Bè la pizza al taglio aveva una faccia invitante (e le farine erano le stesse che usa Bonci), i tavoli di appoggio dentro e fuori avevano gli sgabelli. E la gente che affollava questa bella novità non si sentiva un po’ come un disadattato, per dover mangiare una pizza al taglio. Fosse anche la più buona del mondo.

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