In un'epoca di dubbi, celebriamo il ruolo cruciale del punto interrogativo che ha dato tanto anche alla storia dell'enogastronomia

Scoperta o errore memorabile? La linea è più sottile di quanto si creda. Anzi, la storia della gastronomia (almeno quella che si tramanda) è costellata di errori leggendari, diventati dei classici. Fuor di leggenda, c’è un elemento che ha sempre mosso il cibo come tutti gli ambiti del sapere: il dubbio.

Il dubbio primordiale: "Sarà Buono? O sarà veleno?"
L'avventura dell'umanità con il cibo ha inizio proprio da un dubbio radicale: "Questo è commestibile? È sicuro?". Per i nostri progenitori, ogni bacca sconosciuta e ogni radice mai vista rappresentava un'incognita, una promessa di sostentamento ma anche un potenziale, letale pericolo. Quel dubbio primordiale è stato il vero motore della conoscenza alimentare. Attraverso la sperimentazione individuale, spesso rischiosa, e la trasmissione orale delle scoperte, si è costruita la prima grande enciclopedia gastronomica dell'umanità. Il sapore amaro, per esempio, è diventato un segnale d'allarme istintivo, un "dubbio" organolettico sulla salubrità di un alimento, affinato da millenni di prove ed errori.

Parallelamente, il dubbio sulla deperibilità degli alimenti aguzzò l'ingegno umano, portando alla scoperta di metodi di conservazione come la salagione, l'essiccazione e la fermentazione. Proprio la fermentazione è un esempio emblematico: un processo misterioso che, trasformando il mosto in vino o il latte in formaggio, ha generato autentiche meraviglie, talvolta proprio grazie a deviazioni dal percorso consueto.

Scetticismo e Nuovi Mondi: quando il pomodoro era solo un ornamento
Le grandi scoperte geografiche furono una vera e propria epopea del dubbio. L'arrivo in Europa di alimenti dal Nuovo Mondo come il pomodoro, la patata e il mais fu accompagnato da un profondo scetticismo. Il pomodoro, a causa della sua appartenenza alla famiglia delle solanacee (note per contenere specie tossiche), fu coltivato per lungo tempo solo come pianta ornamentale; ci vollero secoli prima che il dubbio sulla sua commestibilità venisse superato. Anche la patata, oggi colonna portante di molte cucine, fu accolta con estrema diffidenza, accusata di portare malattie perché cresceva umilmente sottoterra. Solo la pressione delle carestie e l'opera di figure illuminate riuscirono a vincere queste resistenze.
pomodori-patate.jpgGli "Errori Benedetti" e i capolavori del caso
La storia è ricca di "esperimenti" o casualità che hanno dato origine a prodotti straordinari. Molti celebri formaggi erborinati, come il Gorgonzola o il Roquefort, secondo la leggenda devono la loro esistenza a cagliate "sbagliate" o dimenticate. Il dubbio iniziale di fronte a un prodotto anomalo – "Sarà buono? Sarà sicuro?" – si è trasformato, grazie al coraggio di assaggiare, in una celebrazione del gusto.

Anche nel mondo del vino, l'imprevisto ha giocato un ruolo da protagonista. Vini frizzanti nati da rifermentazioni inattese, vini passiti o muffati come il Sauternes, la cui nobile Botrytis cinerea trasforma uve apparentemente "rovinate" in nettare, o vini fortificati come il Marsala, nati dal dubbio sulla loro conservabilità durante i lunghi viaggi per mare, sono tutti esempi di come l'inatteso possa generare un valore immenso. Persino dolci iconici come la Tarte Tatin sono legati a storie di errori geniali, dove il dubbio su come rimediare a un incidente ha partorito un capolavoro.

La crisi come opportunità: la lezione della Fillossera
Un caso straordinariamente emblematico di come un dubbio esiziale possa innescare conseguenze complesse è la storia della fillossera, il flagello che devastò la viticoltura europea nel XIX secolo. La distruzione dei vigneti sollevò un interrogativo drammatico: "Sopravviverà la nostra viticoltura?".
La soluzione tecnica prevalente fu l'innesto della vite europea su portainnesti di origine americana, resistenti al parassita. Tuttavia, questa soluzione salvifica non fu accolta senza perplessità. Molti viticoltori nutrivano seri dubbi: quale sarebbe stata la qualità dei vini? Si rischiava una perdita di purezza e di identità?

Ma fu un secondo, più sottile dubbio a generare la conseguenza più inattesa. La paura che la standardizzazione forzata dell'innesto potesse portare a un'omologazione del gusto spinse una minoranza illuminata a porsi una nuova domanda. Era quella l'unica via possibile? Questo dubbio sulla validità delle soluzioni più omologanti stimolò una reazione imprevista: la riscoperta e la valorizzazione di vitigni autoctoni dimenticati o marginalizzati. La crisi divenne così, paradossalmente, un'occasione per fare un bilancio critico del patrimonio esistente. Quel dubbio si trasformò in un potente motore per la conservazione della biodiversità e per l'affermazione di identità territoriali più complesse e sfumate.

Come la storia della gastronomia insegna con i suoi tanti "errori provvidenziali", a volte sono proprio un dubbio audace o un imprevisto inaspettato a spalancare le porte, deliziosamente sorprendenti, del futuro.

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