Febbraio è da sempre considerato il mese del Carnevale.
Una festa popolare che si risolve in un momento di rottura nel fluire della vita “seria” della gente. Una festa nata anche per fugare le calamità e le sofferenze e per affrontare il successivo lungo periodo di astinenza imposto dalla Quaresima. E allora ecco lo sfogo con grandi mangiate e bevute, con preparazioni realizzate con gli ingredienti che nei secoli passati erano maggiormente disponibili in detto periodo, primo fra tutti il maiale.

Un tempo, in quasi tutte le famiglie che non vivevano in città, veniva allevato il maiale per il fabbisogno annuale di salumi e i mesi ideali per la sua macellazione erano soprattutto gennaio e febbraio, periodo di maggior freddo, perfetto per la lavorazione delle carni, per l’avvio dell’asciugatura dei salami e per la conservazione, il più a lungo possibile, delle parti e delle preparazioni più facilmente deperibili. In ogni regione italiana l’uccisione del maiale era una vera e propria festa che dava luogo a comportamenti rituali radicati tra le famiglie. Con le parti più facilmente deperibili, ovunque sono stati creati piatti tipici.

Ma le preparazioni tipicamente carnevalesche tramandate da secoli, sono sicuramente le zuppe di ceci o di fagioli con varie parti povere del maiale. Da non dimenticare sono ancora i saporiti ciccioli ottenuti dalla fusione del grasso di maiale per ricavare lo strutto. Ed è grazie alla notevole disponibilità di quest’ultimo che nacquero anche moltissimi dolci fritti - che vi descriveremo nel dettaglio nei prossimi giorni - per concludere in modo goloso il Carnevale. 

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