Una sosta nel Canavese per scoprire i piatti e i vini del territorio serviti con schietta cordialità

Finalmente una giornata di sole dopo le piogge intermittenti, fastidiose e disastrose dei giorni scorsi. È la festa della Repubblica e, dopo aver doverosamente ossequiato la bandiera dell'Italia sperando che altri nubifragi non disturbino ulteriormente la sopravvenuta quiete dopo la tempesta anche sociale, io e mia moglie ci accingiamo ad assaporare una tranquilla giornata campestre. Il desiderio è quello di visitare un piccolo centro lontano dal frastuono e dalla confusione urbana, apprezzare le vetuste glorie di qualche castello o palazzo dall'antico lignaggio, sedersi a una tavola che ricordi il passato ma che rappresenti il presente. Una breve ricerca e il luogo è identificato.

Agliè, nel Canavese, con il suo fascinoso borgo ricco di porticati, con il suo ancor oggi prestigioso castello, già proprietà dei duchi di Agliè fedeli sudditi dei Savoia, e con il non meno noto Meleto, residenza estiva di quel Guido Gozzano di cui ancor tutti ricordano il salotto di Nonna Speranza con le buone cose di pessimo gusto. Agliè è anche un luogo in cui si respirano i ritmi lenti del passato, i ricordi profumati e silenziosi della giovinezza, il senso lieve e sincopato dello scorrere del tempo. 

Queste emozioni e sensazioni emergono entrando dal vecchio cancello con l'insegna di un tempo passato seppur fiammante di restauro della Trattoria Scudo di Francia (via Principe Amedeo 30 - tel. 01242433354 - 3389521172 - www.scudodifrancia.it), passando poi dal piccolo grazioso cortiletto (con minidehors per pochi fortunati) per addentrarci nel locale interno old style piacevolmente rustico. Siamo approdati in un locale che ti offre con grande schiettezza e genuinità e direi senza menzogne quello che ti aspetti da un locale che trasuda storia vissuta e quindi passato e presente di un cibo tramandato da decenni basato sulla trasformazione di quelle materie prime che questa terra offre. Materie prime coltivate con passione e trasformate in quelle pietanze saporite, ricche di profumi e sapori che le nostre nonne e mamme ci hanno tramandato e noi abbiamo raccolto e impreziosito con la sensibilità gastronomica dei nostri giorni. 

Tutto questo per dire che alla Trattoria Scudo di Francia, Giorgio Cambursano ai fornelli e la sua deliziosa consorte in sala ti portano per mano a scoprire i più caratteristici piatti del territorio, siano essi i tomini delle valli vicine o i loro salumi, dal salampatata a quello di turgia al delizioso lardo, fino al prosciutto della vicina Val d'Aosta nonché i funghi raccolti nei boschi vicini e gli asparagi degli orti del contado e altro ancora non derogando da quello che la tradizione ha tramandato, ma facendo della sua ricostruzione perfetta, calligrafica e sensoriale seppur personale il suo vanto. Lo chef ha portato la sua personalità ma non ha stravolto nulla e la sua cucina rimane veramente un baluardo della cultura della cucina tradizionale.

Da questo menu così rigorosamente fedele a se stesso noi abbiamo tratto e degustato assetto di affettati nostrani con miele, burro e castagne e il piatto della nonna Memè con tomino elettrico, vitello tonnato, lingua in salsa rossa, carne impanata in carpione. Troneggiava dal tavolo dei vicini una sontuosa battuta di Fassone e l'abbiamo prenotata per la prossima volta.

Dei primi piatti approfittando delle mezze porzioni abbiamo provato quasi tutto e cioè agnolotti della tradizione con fantasie di erbe della Valchiusella e caprino (ottimi), tagliatelle di farro con asparagi e fonduta del Gran Paradiso (altrettanto buoni), nonché Riso Carnaroli Acquerello con rane sfumate all'Erbaluce di Caluso e pomodorino Pachino (piatto per 2, ottimo). Se non è tradizione questa!

Ormai giunti al limite della resistenza umana non abbiamo potuto rinunciare a un'altra bandiera della zona: la trota salmonata con mandorle, menta e burro d'alpeggio. Un altro piatto gustoso e tenero al punto giusto.

Come dolci piccoli assaggi di bunet e zabaione al vermouth (una novità nella tradizione). Per ultimissimo finale i torcetti di Agliè, altra prelibatezza nota in tutto il Piemonte.
Piacevolmente sorpresi dal sapere che si poteva degustare al bicchiere tutti i vini elencati nella lista, escluse le bottiglie più prestigiose pur presenti in una ben ragionata selezione, abbiamo optato per un calice di Erbaluce metodo classico per poi passare a una bottiglia di Carema riserva 2013 dei produttori a 26 euro. Vino forse sottovalutato ma di grande stile ed eleganza.

Pranzo completo sui 40-45 euro per un servizio che pur nella sua genuinità e semplicità è molto attento, cortese e di grande cordialità.

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