Lungo la strada che un tempo accoglieva i viandanti della Val d'Orcia, un ristorante che celebra la scottiglia e tutti piatti della buona cucina amiatina

All’ombra di quel fumoso gigante che è l’Amiata, tutto il territorio ai suoi piedi sa offrire occasioni golose e culturali in egual misura e se vi capitasse - tra la visita ad una Madonna col Bambino e il Giardino di Daniel Spoerri - di “inciampare” in una ricetta chiamata scottiglia, allora la vostra gita amiatina non sarà risultata vana. E proprio la località di Pescina (GR) è conosciuta per il sugo di scottiglia, composto da un misto di carni di vitello, maiale, pollo, tacchino, coniglio e, talvolta, agnello, il tutto completato da fette di pane raffermo. Questo piatto veniva cucinato - divenendo il simbolo della visita del fattore ai poderi - quando vigeva la mezzadria e questa figura rappresentava il trait d’union tra proprietari e contadini.

E il ristorante la Scottiglia (loc. Pescina, 29 - tel. 0564 950993) proprio lungo la strada, inizia la sua storia nel 1890, quando si chiamava semplicemente “Da Momo” e accoglieva i viandanti che dalla Val d’Orcia andavano verso la montagna e la Maremma. Da allora le generazioni si sono susseguite arrivando all’attuale quinta, in un passaggio di consegne (e di nome, dal 1972) e nel perfezionamento del piatto che l’ha reso famoso, adesso proposto come una zuppa di carni miste in un intingolo leggermente piccante impreziosita dal locale olio extra vergine di Olivastra Seggianese.

E allora, in una sera limpida ideale a godersi questi luoghi, siamo salite fin quassù trovando un’accoglienza familiare e gentile, disponibile e professionale, in ambienti di (quasi) di montagna rustici e confortevoli. Innanzitutto il preantipasto di benvenuto, consistente in una crema di zucca e patata con olio nuovo, il biglietto da visita giusto dal “sapore” di un approccio non casuale ma puntuale di chi, con una gestione giovane, sa trattare il cliente “rinnovando” l’impronta di un locale storico. Stessa cosa dicasi per la carta degli oli e la scelta di birre artigianali locali, con consigli opportuni da parte del titolare. Partendo con una birra del Birrificio Amiata, abbiamo apprezzato molto gli ottimi ravioli ricotta (ottima) e spinaci con il ragù e la molto ben eseguita amatriciana. Mano perfetta anche sui secondi, sia nella trippa rossa che in quella con zafferano (tipica ricetta di Montalcino), veramente apprezzabile nella dolcezza e nell’equilibrio dell’intingolo. Piacevole e legata alla tradizione la fonduta di Pecorino con pera picciola dal caratteristico sapore dolce/piccante anche se, vista la ricca consistenza, la vedremmo meglio proposta tra gli antipasti in versione ridotta. Ottimo inoltre il piccolo sformato di patate proposto tra i secondi con l’aggiunta (o meno) di crema di Pecorino.

Saltando per questa volta i dessert ci ripromettiamo di tornare prestissimo visto che, per noi in zona, è diventato già un luogo valido e sicuro!

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