A Grondona, sulle strade di Fausto e Serse Coppi, ambiente curato, professionalità, e ricette di mare e terra della tradizione in tavola

La ricerca, certo, le nuove tendenze, ci mancherebbe, tutto positivo. Ma le radici? Le basi? Se la ristorazione italiana, italiana vuole rimanere, non può perdere le sue origini.
A furia di assorbire contaminazioni - per citare solo le ultime, e più influenti, l' "adrianesimo", prima, vera e propria ideologia che aveva il suo profeta in Ferran Adrià, e il "redzepismo", poi, il cui guru era Renè Redzepi, con i loro El Bulli e Noma diventati santuari del pensiero gastronomico, mete di veri e propri pellegrinaggi - e con l'avanzare, a cui oggi assistiamo, delle cucine asiatiche. E ancora, con le nuove generazioni che crescono con l'idea fuorviante dell'autocelebrazione e con il pensiero che la realizzazione di un cuoco (o di un sommelier), non sia far felice il cliente, ma diventare famoso.
È il dilagare di quella che possiamo definire "l'omologazione del lusso", ossia del fatto che nella fascia di ristorazione che è la più costosa, e talvolta a prezzi fuori logica, al di là di un numero, che si va via via assottigliando, di locali, che valgono il viaggio, i più, sono i ristoranti dove meno si ha soddisfazione, visto che gli ingredienti utilizzati sono gli stessi da nord a sud, e non passano più certo dal mercato, ma solo dai "camioncini", la tradizione e le ricette del nostro Paese sono prese a schiaffi in nome di una presunta "creatività" che insegue solo la ricerca del colpo ad effetto, i piatti mirano a soddisfar l'ego del cuoco, anzi dello chef, e non a far la gioia della clientela. Si esce, e talvolta, non ci si ricorda nemmeno un piatto, e non solo perché presentato in menu con nomi incomprensibili, ma perché quella sosta non ha regalato nessuna emozione. Meglio, una cosa sì, la si ricorda, e anche chi problemi economici non ha, il conto, in queste realtà ormai fuori controllo. 
I grandi ristoranti, che grandi lo sono davvero, certo, sono un bene preziosissimo, per la cultura del nostro Paese. Ma quali e quanti sono? La nostra Guida, IlGolosarioristoranti - GattiMassobrio,  la documentazione che la cucina italiana ha un baluardo prezioso e da difendere, nella trattoria! Di moderna concezione, dove semplicità non è sinonimo di sciatteria, e in cui il lavoro è fatto con amore.
Tra le soste che ci hanno dato ulteriore conferma di questo, La pernice Rossa (loc. Chiapparolo 19 - tel. 0143680189) a Grondona (Al). Tra una manciata di case, all'ombra del campanile, in un minuscolo  borgo che si nasconde nelle campagne attraversate dalle strade di Fausto e Serse Coppi, questa trattoria linda, che sa di buono, dove le volte con i mattoni a vista, i muri spessi che proteggono dalla calura, gli arredi curati, i tavoli ben apparecchiati ti dicono che sei il benvenuto, ti fanno sentire a casa. A occuparsi di voi, Franco Stranieri, in sala, e Barbara Franzin, ai fornelli, una coppia affiatata che si fa in quattro per farti stare bene. Con una buona bottiglia di una cantina che, pur contenuta, nasconde proposte invitanti.
Da un menu, che racconta bene terra e mare, in tavola avrete l’Antipasto della casa, con più assaggi che cambiano secondo la stagione, poi di primo, pasta, con ravioli all’ortica con salsa di noci, o riso, con il risotto al Gavi e Montebore, quindi, arrostino di vitello con caponatina di verdure o zuppetta di calamari, prima di chiudere con ghiotto semifreddo alla meringa con frutti di bosco o pesce in gelatina al Moscato.
Pane e focaccia fatti in casa sono di bontà irresistibile.
Son previsti, su richiesta, menu per celiaci e vegani.
Viva la trattoria moderna!

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