A Fagnano Olona i piatti di un menu degustazione realizzato con una materia prima ineccepibile e tanti vini serviti a bicchiere per una cena memorabile

Sono sicuro che al mio amico Federico Francesco Ferrero, indimenticato vincitore di Masterchef e autore di un libro di imminente uscita dal titolo L’apericena non esiste (Cairo editore per la collana “i Libri del Golosario”), questo ristorante piacerebbe moltissimo.

Ci abbiamo messo un po’ a venire a provare l’Acquerello, ma l’insistenza di tanti amici che ce lo hanno segnalato ci ha convinti a provarlo. Cosa ci frenava? L’idea del menu degustazione imposto. Ora, noi il menu degustazione non lo prendiamo mai, men che meno se è l’unica scelta. Solo in pochi casi l’ho accettato e uno memorabile fu un ristorante di La Thuile condotto da Lorenzo Bernardini, che oggi svetta col faccino radioso a Pozzolengo, nell’agriturismo gourmet Moscatello - Muliner.
Ma ho fatto bene ad accettarlo anche qui, perché ho provato quella che si può definire un’esperienza di cucina espressa, lontana anni luce dai sottovuoti cotti a bassa temperatura che fanno felici persino alcuni critici (chi si accontenta gode!). In cucina ci sono Silvio Salmoiraghi e Choi Cheolhyeok.

Il ristorante Acquerello (via Patrioti, 5 - tel. 0331611394) è nel centro di Fagnano Olona (Va), bel paese della mia gioventù, dove c’era un simpatico macellaio, padre di Paolo Fumagalli, mio compagno di studi all’Università Cattolica. Entri e la sala ha tavoli ben distanziati, con pochi coperti, come essere a teatro. C’è un’eleganza misurata, che vivaddio non mette a disagio.
Il cuoco (credo di fargli un regalo se non lo chiamo chef) non solo cucina come una volta, studiando la spesa di una materia prima ineccepibile, ma segue con partecipazione il tavolo, viene a portare i piatti e a porzionarli. E intanto viene a leggere la soddisfazione che si dipinge sui nostri volti.
Diciamo subito che i prezzi sono impegnativi (altro motivo della nostra resistenza) ma, se vi fidate, qui ne vale la pena, almeno una volta. Anche perché chi ti fa più lo storione alla ferrarese, con il tocco di caviale sopra? Un piatto superlativo. Ma nessuno ti fa più neppure il carpione di mare, delicato ed equilibrato, che in quella serata di fine agosto ci stava davvero bene. Ah dimenticavamo le due entrée: uovo alla fiorentina con cialda di polenta pura e caglio; burro e fragole. Altro piatto che ci è piaciuto è la “la mugnaia e la mannara” (melanzane alla mugnaia con pescatrice cotta in acqua di mare e sedano selvatico nel fuoco a legna); quindi pompelmo genziana e mela verde prima di arrivare al trionfo (che in questa maniera abbiamo vissuto solo da Vissani, per capirci) ovvero il nodino di vitello porzionato al tavolo, servito con una salsa cacciatora all’italiana, con vongole al vapore da prendere come caramelle, foglie di menta, acqua di mare dolce, latte del fico, sangue di manzo, patate, liquirizia e anice.
Ma la sorpresa sono stati anche i tortelli dei Farnese latte cagliato, ricotta e spinaci, serviti accanto al nodino, con una sfoglia sottilissima come quella che fa Mariuccia Bologna a Rocchetta Tanaro o che faceva Lidia Alciati a Costigliole.
In chiusura il croccante al limone, liquirizia e capperi.

Che bella serata: una cena davvero memorabile, con un servizio di vini a bicchiere da urlo (Ciro Picariello per tutta la vita!). Io ci voglio tornare. Le corone radiose del GattiMassobrio sono una sicurezza!

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