Storica cantina del Golosario, produce sui Colli Bolognesi vini con uve da cloni d’Oltralpe

Enrico Vallania, fondatore dell’azienda agricola Vigneto delle Terre Rosse (tel. 051 755845) di Zola Predosa (Bo) era un medico, una professione dove l’osservazione è fondamentale. Forse proprio per questo motivo la sua attività cominciò proprio dall’osservazione di quello che allora era il paradigma della viticoltura: la Francia. Per questo nelle sue vigne, fin dal 1965, accanto alla ristrutturazione degli impianti già presenti (cabernet sauvignon, riesling e malvasia per tradizione molto diffusi sui colli di Bologna) inserì chardonnay, sauvignon, pinot bianco, pinot nero e merlot da cloni selezionati Oltralpe. La sua filosofia molto moderna, prevedeva già allora il minimo intervento possibile, sia in vigna, sia in cantina. Questo oggi si è tradotto in selezione clonale nel microclima del vigneto, sperimentazione dei sesti di impianto, sfoltimento dei grappoli, vendemmia frammentata. A cui si aggiunge una scelta enologica ben precisa, che punta sull’utilizzo della vasca d’acciaio anche per i vini destinati a un lungo invecchiamento. (E a Paolo Massobrio che lo intervistò fra i primi per La Stampa confidò: “Da me non sono di legno neanche le panchine”).  In questa filosofia, perseguita tenacemente dalla figlia Elisabetta e dalla sua famiglia, i tre campioni assaggiati recentemente. Il Grannero è un pinot nero in purezza, annata 2012, maturato 3 anni in vasca d’acciaio e circa un anno in bottiglia. Di colore rubino scarico che tende a sgranare nell’unghia, al naso è tenue, delicato, con note erbacee e quasi balsamiche che emergono tra i sentori più tipici del vitigno, di piccoli frutti rossi, e nel fondo, il profumo più evoluto di liquirizia. In bocca rispetta le caratteristiche da manuale, con un’acidità spiccata a cui si aggiunge una salinità non scontata. Lo Chardonnay Giovanni Vallania è, anche questo, vinificato e maturato in acciaio (per 6 mesi) e quindi affinato in bottiglia. Rappresenta la storia di questa cantina perché primo vitigno francese importato da Enrico Vallania attorno al 1965. Di colore paglierino scarico, al naso ha pulizia, finezza: i profumi sono quelli di fiori e pesca (nettarina bianca). E’ in bocca, però, dove esce tutta la forza di questo vino, equilibrato, con acidità moderata e decisa mineralità. A chiudere la nostra teoria di assaggi il vino che ci conquistò fin dal primo assaggio (lo testimonia il premio Top Hundred conferito nel 2002): il Rosso di Enrico 2009. Da uve cabernet sauvignon e affinato in acciaio per tre anni per poi sostare 6 / 8 mesi in bottiglia, ha colore rosso rubino, intenso, concentrato. Al naso è ampio, con profumi di frutti di bosco, prugna e foglia di pomodoro, poi pepe nero, speziature e una piacevole liquirizia che si fa quasi caramella. In bocca è caldo, avvolgente, con un tannino ben presente e una delicata speziatura che richiama quanto emerso all’olfatto. Si conferma un grande rosso che, dopo 7 anni, può ancora guardare tranquillamente al futuro.

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