Presentato Raviole, il nuovo Cru che va ad affiancare i famosi Lecinquevigne, Brunate, Cerequio e Cannubi della nota cantina piemontese

Quattro moschettieri, Lecinquevigne, Raviole, Brunate, Cerequio, e un re, Cannubi. È una storia iniziata a Barolo, a fine Ottocento, nel 1890, con Giuseppe Borgogno, e continuata con l’insegna attuale, con la generazione successiva, con Giacomo Damilano, il genero del fondatore, quella che vede gli attuali proprietari, i nipoti, proseguire l’attività del bisnonno.
Alla guida dell’azienda dal 1997 Guido e Paolo, che hanno avuto il merito di portare la cantina alle dimensioni e ai livelli qualitativi attuali, investendo sui rossi piemontesi – ampio è lo spettro dei vini prodotti, che spazia dalla Barbera d’Alba e di Asti al Langhe Nebbiolo –, ma soprattutto credendo nella valorizzazione appassionata del Barolo, eccellenza del territorio e dell’Italia intera, realizzata con le uve dei terreni e dei vigneti migliori, crus tra i più prestigiosi come Brunate, Cannubi, Cerequio e Liste.

In questi giorni, la presentazione dei Barolo del millesimo 2015, con la novità del debutto sul mercato di Raviole, il nuovo cru da omonimo vigneto nei pressi del Castello di Grinzane Cavour. Da vigne di oltre 40 anni, con resa minore ai 50 q/ha, prodotto in 6.500 bottiglie da 0,75 l e 100 Magnum, nel bicchiere colpisce per finezza e freschezza, per i suoi profumi di viola, la sua nota balsamica, il suo sorso di notevole carattere dove i suoi 15 gradi sono sostenuti da una acidità ed un tannino che invitano alla beva, assicurando un finale di notevole eleganza.
E se gli altri Barolo degustati – ossia il Lecinquevigne, rosso rubino con riflessi aranciati, dal profumo intenso di rosa, cuoio, tabacco, il Brunate, di finezza emozionante, con i suoi profumi di viola e di piccoli frutti rossi, i sentori balsamici e di spezie tra cui spiccano cannella, chiodi di garofano e noce moscata e la sua beva coinvolgente, e il Cerequio, che nasce nel meraviglioso anfiteatro di vigne esposte ad est, sul balcone delle Langhe, nel Comune di La Morra, protetto dai venti freddi, da suoli composti da sabbia (20%) limo (50%) e argilla (30%), vino tannico, potente, con bouquet complesso con profumi di viola e rosa appassita, ciliegia, note balsamiche e di vaniglia e liquirizia – formano un indiscutibile tris d’assi. Il re, che quando è stato servito, ha fatto calare un silenzio di ammirazione e stupore, è il Cannubi. Figlio dell’omonimo vigneto della collina che, se esistesse in Piemonte una classificazione di Grand Cru simile a quella esistente in Francia, sarebbe considerata come uno dei veri pochi Grand Cru presenti nella zona di Barolo. Fazzoletto di terra già citato in antichi documenti che risalgono al 1700 – come testimonia la più antica bottiglia delle Langhe, ancora oggi conservata nel Comune di Bra presso la famiglia Manzone, recante la scritta “Cannubi 1752” – dove le uve hanno indiscutibile prestigio qualitativo, grazie alla particolare composizione del terreno e visto che si tratta infatti dell’unica zona, nell’intero comprensorio della produzione del Barolo, dove si uniscono e si confondono i terreni di origine Tortoniana ed Elveziana, appartenenti ad ere geologiche diverse, con l’elevata dotazione in sabbia che conferisce ai vini profumi intensi, e l’alcalinità e la dotazione elevata in calcio che conferiscono un tocco finale di finezza ed eleganza.

Nel millesimo 2015, ha colore rubino con riflessi granata, profumi floreali di rosa e viola, sentori di frutta e in particolare di ciliegia e prugna, note di tabacco e liquirizia, mentre al palato si distende ampio e di notevole struttura, con sorso caldo, armonico, lunghissima persistenza. Un rosso di classe straordinaria, che se capitate a La Morra, sarà una goduria gustare con i piatti del sommo Massimo Camia, fuoriclasse dei fornelli, che da tempo opera ne ristorante aperto negli spazi della cantina Damilano!

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