Dalla famiglia Vercesi, interpretazioni affascinanti dei vini tipici dell’Oltrepò pavese, con un pinot nero da competizione

«L’Oltrepò Pavese è una delle più importanti zone vitivinicole europee e mondiali per la produzione di spumanti di qualità ed è il più grande serbatoio italiano di Pinot nero». Era il 1980 quando il professor Mario Fregoni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, faceva questa affermazione, in un convegno che si svolgeva a Broni. La sua intenzione, non sottolineare il potenziale produttivo solo in termini quantitativi, ma anche in termini qualitativi. Questa sua riflessione, allora, aveva la forza della provocazione, perché non si può non ricordare che i riflettori sul Pinot nero, e in particolare su quello vinificato in rosso, in Oltrepò, si sono accesi, con la stesura del primo disciplinare, negli anni ’70. In quegli anni, molte le difficoltà che rendevano difficile la produzione di Pinot nero rosso di eccellenza, a partire da forme di allevamento, densità di impianto e rese per ettaro non adeguate.

Oggi, che quelle difficoltà in larga parte son superate, crescente il numero di produttori che esce sul mercato con vini di pregio, dimostrando di avere accettato la sfida lanciata quasi quarant’anni fa dal prof. Fregoni, e di aver fatte proprie le ragioni di chi, come il presidente Michele Rossetti e il direttore Emanuele Bottiroli, del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, credendo in questo vino, si spende senza riserve per valorizzarne l’importanza per il territorio.

Tra i produttori che hanno nel loro Dna la qualità, Vercesi del Castellazzo di Montù Beccaria, con la famiglia Vercesi che non solo ha saputo dare continuità alla storia millenaria della tenuta – le origini, nel XII secolo – ma sta scrivendo pagine nuove e importanti di un’avventura che di anno in anno si segnala per la sua grandezza. Nel segno del rispetto della natura la loro filosofia di produzione, con la scelta di utilizzare pratiche agronomiche quali l’inerbimento totale del vigneto, il non utilizzo di diserbanti, la trinciatura dei tralci potati e l’impiego di soli rame e zolfo come anticrittogamici, l’esclusione dell’uso di anidride solforosa in vinificazione ma solo in basse quantità nell’imbottigliamento, l’impiego solo di lieviti autoctoni, nessuna filtrazione sui vini affinati in legno.

Tra i vini prodotti, tre quelli della nostra predilezione. Da quella Bonarda Luogo della Milla che è campione di tipicità, e che nel suo essere vivace e briosa, conquista con i suoi profumi invitanti di frutti di bosco, e in particolare di mora, e per il suo sorso goloso, che grazie a buon corpo e bella freschezza, si sposa a meraviglia con primi piatti di pasta ripiena e salumi. A quella Fatila, che, croatina in purezza, ha colore rosso rubino con riflessi color mattone, naso profondo, con note di piccoli frutti e sentori speziati, gusto caldo, con elegante trama tannica e suggestiva armonia. Fino al vino che ci ha stregato. Il Luogo dei Monti. Da uve pinot nero in purezza, a noi è stato proposto nella versione del millesimo 1998. Un’emozione. Dal colore rosso rubino intenso, con riflessi granata, al naso si apre con una sinfonia di profumi, che vanno dai frutti di bosco, al tabacco, alla liquirizia, fino alle spezie, pepe e vaniglia. Caldo e di grande suadenza, al palato ha tannini ben integrati, equilibrio, retrogusto corrispondente e lunghissima persistenza. Un grande rosso, che sembra farsi carico di documentare cosa può essere il pinot nero in Oltrepò Pavese. Emozione!

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