Il racconto di un'esperienza nell'ufficio della segreteria del Ministro dell'Agricoltura del Giappone

Mentre stavo per arrivare in cima alla scalinata in pietra bianca tutta lucidata fui trafitta alla schiena dalla voce severa della guardia. “Ehi, si fermi! Lì è dove possono passare solo quelli che sono stati scelti dai cittadini con il loro voto. Lei deve passare a lato!” Se avessi guardato dove mettevo i piedi, avrei visto il tappeto rosso rasato perfettamente, né troppo alto né troppo basso, perfetto per invitare ad una camminata elegante.
Mi trovavo all’interno di quell’edificio gigantesco che sembra galleggiare sul centro di Tokyo e quel tappeto si srotolava diritto lungo un corridoio infinito. Era il palazzo del Parlamento, la massima autorità dello Stato. Era il mio primo giorno di lavoro nella filiale dell’ufficio della segreteria del Ministro dell’Agricoltura e stavo cercavo un piccolo ristorante di soba (pasta di grano saraceno) che si sarebbe dovuto trovare all’interno. Era uno dei piatti preferiti del ministro e, durante le sedute in parlamento, molto spesso sceglieva un piatto di soba leggero per pranzo. Avevo bisogno di misurare la distanza tra il ristorante e l’ufficio, ma mi ero persa.
Ero stata sgridata, ma non mi dispiaceva. Interpretavo il diritto del cittadino come un valore da rispettare in assoluto e non una negazione della mia personalità, così quella guardia è stata la prima persona a farmi rendere conto fisicamente del vero peso del voto. Con passi quasi felpati, proseguii di lato lungo il corridoio. Tornando all’ufficio e raccontandolo al mio capo, detto “Cap”, lo feci ridere. Il più importante ruolo della filiale era di raccogliere le domande che i membri, sia della Camera Alta che di quella Bassa, avessero voluto rivolgere al ministero, soprattutto da porgere durante i lavori del Parlamento, riguardanti il settore agricolo, della pesca e foreste, di trasmetterle alla sezione relativa del ministero e di tenere sotto controllo fino a che non arrivasse una risposta. Se l’ufficio ci avesse messo troppo tempo a capire e a smistare la domanda, si sarebbe corso il rischio che i colleghi che avevano il compito di rispondere rimanessero inutilmente in attesa alla sede del ministero fino a mezzanotte o addirittura di fargli passare una notte in bianco per consegnare la risposta. È un ruolo che stanca molto, sia fisicamente che mentalmente, ma i miei 5 colleghi erano vivaci e non dimenticavano mai di mettere nel lavoro quel senso d’ironia e di umorismo con cui mi fecero sentire subito a mio agio.

All’inizio del mio incarico, ne ho combinate ancora altre. Un giorno in cui, con l’energia positiva del mattino, pulivo le scrivanie dei colleghi, notai quel tipico telefono nero un po’ impolverato e allora cominciai a pulire con lo straccio il ricevitore. “Pronto, è successo qualcosa di urgente!?” Una voce tesissima che usciva da lì mi spaventò. Non immaginavo che fosse proprio quel telefono a collegare, senza neanche fare il numero, tutta la sede del ministero a qualche chilometro di distanza e che, potente come una sirena, riuscisse a far sospendere tutte le attività in corso ai 3000 dipendenti d’allora, me inclusa.

Un’altra volta fui io a rispondere ad una telefonata. Era il segretario di un politico che voleva informazioni sui prezzi dei pesci surgelati trattati al famoso mercato del pesce di Tokyo, Tsukiji. Riuscii ad identificare in fretta la sezione di competenza e girai la questione. Quella volta mi era sembrato di aver fatto tutto per bene invece, nel pomeriggio, quando venne il capo sezione della questione per avvisare che la risposta era stata data, disse che, non sapendo se dovesse rispondere al politico in persona o al suo segretario, si era portato dietro anche il capo dipartimento. In realtà sarebbe bastato un funzionario di rango inferiore. Anche questo era successo per la mia trascuratezza. Nonostante tutto il capo sezione, responsabile di un centinaio di dipendenti, mi salutò con un sorriso, dandomi il suo biglietto di visita. Cercai un modo pratico per gestire questo tipo di telefonate. Invece del blocchettino degli appunti, andai a prendere della carta usata formato A4 per avere più spazio. Ricordandomi le 5W e 1H per ricordare i pronomi interrogativi inglesi imparate a scuola; sulla riga orizzontale inserii il nome del politico (who), sulle colonne verticali invece, data (when), luogo (where), argomento (what), modalità di risposta (How) e livello del responsabile (which). Stranamente, dopo aver fatto questa tabella, cessò la mia agitazione a conversare con politici e segretari. Così, vincendo la paura, cominciai ad osservare meglio le persone attorno e a vedere meglio cosa facessero gli altri. Grazie ad una soluzione semplice imparata da un mio ex capo di Kanazawa, i miei passi per raggiungere l’ufficio al mattino diventarono più leggeri.

Giorno per giorno rispondevo al telefono. Su carni, pesci, ortaggi, ricevevamo tutte le domande immaginabili, partendo dalle piccole questioni legate alla vita quotidiana dei Giapponesi fino a quelle complicatissime della politica agricola a livello nazionale ed internazionale. Ricevendo queste telefonate, mi sembra di aver in mano la mappatura dell’agricoltura giapponese di quel periodo e soprattutto le attività del nostro ministero e cosa facesse in pratica ogni dipartimento. Era interessante!

Un giorno servivo un tè al ministro mentre pranzava. Guardava alla TV la notizia dell’incendio di una foresta. Mormorò solamente: “Oh, sta bruciando…” A me faceva ridere così, uscendo dalla porta, lo imitai davanti ai colleghi: “Oh, sta bruciando…”. Non appena mi sentirono, scapparono tutti ai telefoni per raccogliere notizie. E infatti, dopo soli 5 minuti, il Cap poteva comunicare al ministro luogo e causa dell’incendio e che, per fortuna, era stato già spento e poi i danni previsti. Anche le foreste sono sotto la competenza del ministero e il ministro, una volta uscito dalla porta dell’ufficio, se interrogato non può permettersi di dire di non essere al corrente di qualche fatto sotto la sua giurisdizione. Rimasi nuovamente senza parole.

Il lungo periodo del mio lavoro al Parlamento era terminato e, proprio al giorno del mio rientro, alla sede veniva convocato il parlamento ordinario. Il Cap mi chiese se avessi mai incontrato l’Imperatore. “Come avrei potuto!?”. “Allora ti do un premio per il tuo impegno. Puoi andare a vederlo.” Mi consegnò un lasciapassare che mi permise di entrare nella sala del Parlamento e di vedere dal palco l’Imperatore del nostro paese che stava in piedi e annunciava solennemente la convocazione del Parlamento con la sua voce dolce e raffinata. Quando tornai all’ufficio con emozione c’era, sulla mia scrivania, un cartoncino bianco da autografo. Lo presi in mano con sospetto. Un collega mi disse “Con quello vai a chiedere al ministro una dedica e dagli il tuo commiato.” Sul cartoncino lui mi lasciò il suo simbolo bellissimo, scritto con il pennello e una dedica. La sua calligrafia mi trasmetteva il suo spirito da vero uomo politico. Ma la cosa più preziosa per me fu l’affetto che mi dimostrarono i miei colleghi. Il Cap mi disse: “Tutti i politici, quando ricevono il primo incarico da ministro, ci dicono con un inchino che non saprebbero come cavarsela senza le nostre preziose indicazioni. Ma poi molti di loro, al secondo incarico, ci dicono che queste cose non servono più perché ormai sanno tutto. Invece c’è qualcuno che ci dice, sempre con un inchino, che proprio grazie a noi è riuscito ad ottenere un nuovo incarico e che le nostre indicazioni diventeranno ancora più importanti. Proprio questo tipo di persone può arrivare fino alla poltrona da premier. Ed il servizio che forniamo loro deve essere serio e curato. Ricordatelo.”
Qualche anno dopo rincontrai per caso il Cap. Mi disse che la mia tabella delle “5W1H” ormai veniva usata da tutti in ufficio. E, con un sorriso ironico, continuò “tutti coloro che sono rimasti lì si ricordano di te. Sei leggendaria, sai!” Protagonisti di questo racconto non sono un cibo speciale né un produttore, ma i miei ex colleghi funzionari del Ministero dell’Agricoltura, persone che portano avanti il loro incarico con naturalezza, mai sopra le righe. A volte pare sappiano di terra ma ogni giorno affrontano con dedizione sincera allo Stato, quel cumulo di lavori impegnativi e stressanti, sempre camminando sull’orlo del tappeto rosso. Nella mia vita italiana, quando finisce sotto i miei occhi il caos che domina la politica, mi ricordo sempre quel mondo molto particolare in cui sono vissuta, che anche alla maggior parte dei Giapponesi capita raramente a vedere.

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