Oggi l'ultimo saluto al grande vignaiolo che con il suo lavoro e la sua passione ha dimostrato la grandezza del nobile vitigno piemontese

È il vino della festa. Ed è il bicchiere che ogni piemontese gusta per concludere un momento conviviale gioioso. Sembra impossibile, quindi, che chi ha dedicato la sua vita al Moscato, possa averci lasciato. E invece Marco Bianco, tra i creatori del Moscato di lusso, lunedí pomeriggio, troppo presto, aveva 62 anni, è volato tra gli angeli.  

Nato a Torino e cresciuto fra la città e Cossano Belbo, aveva quel carattere riservato che è tratto tipico di un gran numero di piemontesi veri, che sembrano portare il messaggio delle loro vigne tra le persone, quasi fossero richiamo silenzioso all'importazione dell'avere il bello e il buono nel vivere quotidiano. Amante dell'arte e della montagna, Marco Bianco a fine anni Novanta aveva fondato l'azienda vitivinicola che in un primo tempo ha portato il suo nome, e ora quello di Mongioia, a Valdivilla, frazione di Santo Stefano Belbo in provincia di Cuneo. Il suo lavoro, per realizzare un sogno: valorizzare il suo territorio, mettendo amore e passione in ogni bottiglia di vino.

Custode di vigne antiche, a piede franco, spesso impervie, Marco Bianco ha lavorato a un Moscato diverso, credendo contro ogni luogo comune, alle potenzialità di questo vitigno, arrivando a dimostrarne con vini memorabili longevità e importanza. Fu il primo a diradare il Moscato, creando scalpore per la sua esuberanza. Del suo coraggio, dimostrazione la lotta contro la malattia, che lo accompagnava da tanto tempo. Lascia la moglie Iliana, la figlia Alessandra, il figlio Riccardo, la nuora Maria e i nipoti Leonardo ed Edoardo.

Oggi il funerale, che si svolgerà alle 15 nella Parrocchia di Valdivilla a Santo Stefano Belbo. Il nostro saluto a lui e il nostro abbraccio ai suoi cari, con il vino  con cui ha distrutto il preconcetto che il Moscato fosse vino d'annata. Stiamo parlando del "suo" amato Crivella. Siamo orgogliosi di essere stati i primi a scoprirlo e a premiarlo, perché è un gioiello, simbolo della riscossa di un vitigno e di un territorio. In millesimi di longevità un tempo inimmaginabili, come il 2003, ha colore giallo oro, naso di grande complessità con note di albicocca matura, menta e fieno, sorso affascinante, di suadente dolcezza, con retrogusto di miele e lunghissima persistenza. Ciao Marco!

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