Quanta innovazione, gioia, piacere nel menu di Vissani, che il14 di agosto farà una serata speciale.

Che questa sia una casa, o meglio Casa Vissani, m’è entrato dentro la sera, dopo una cena fantastica, in un giorno di caldo infernale, quando nel giardino mi hanno portato un Rhum. C’era chi girava guardando le luci riflesse del lago di Corbara, di fronte, e chi stava nella sala lounge, prospiciente il giardino, che è un po’ la sintesi di quello che qui vogliono comunicare: radici, storia, buon gusto.

Gianfranco arriva, reduce da una diretta in radio, ospite della Zanzara, mentre sto parlando con Luca, il figlio, che mi illustra i dolci della zia Paola: piccola pasticceria, assaggi in crescendo. Poco dopo mi aspetta una notte in una di quelle sette fantastiche camere, svegliandomi al mattino con un senso di leggerezza assoluto. È già tutto pronto per la colazione, in una delle sale del ristorante, eleganti, curate, solenni.

A Baschi, frazione di Civitella del Lago ci arrivi dopo aver lasciato il casello di Orvieto (Strada Statale 448, Km 6.600 - tel. 0744 950206 - casavissani.it) . Costeggi il lago e a un tratto, sulla sinistra, il verde oltre il cancello imponente ti dice che sei arrivato: Vissani. Sono più di vent’anni che passo di qui, perché quella di Vissani è sempre stata la cucina n. 1, l’esperienza di innovazione quando ancora non c’era la generazione della cosiddetta “nuova cucina italiana”. Ci sono venuto con Raspelli, col conte Riccardi, con mia moglie (come questa volta), trovando ogni volta qualcosa di nuovo: nella cucina e nell’arredamento. Ed ho sempre trovato Gianfranco. Ma questa sera ho avuto la sensazione di qualcosa di rivoluzionato, che riguarda Luca: 40 anni fra poco, un’attenzione ai vini fino al piacere del calice a bicchiere (“Cristalli da bere”) dove puoi chiedere Gaja o Marisa Cuomo. E ti diverti. Anche la carta dei vini è innovativa e propone etichette secondo le intensità della musica. Guardo tutto questo come un bambino stupito e penso a chi viene qui per la prima volta e non si capacita, come io stesso, del fatto che il gioco italiano sia il tafazzismo, quando vuole contenere il successo di posti così, di un cuoco che ha dato un contributo originale alla cucina italiana, basata sul prodotto, prima che diventasse di moda.

In cucina c’è uno staff di giovani cuochi, che osservi a vista nelle loro movenze perfette e poi i capisaldi di sempre: la mamma di Luca, la zia che si occupa dei dolci, il navigato maître Giuseppe Vicario (assistito dal sorridente Davide Fanà) e un sommelier bravissimo: Francesco Luchetti. Ci colpisce quando arriva al tavolo un ragazzo di 22 anni che spiega il piacere dell’olio Alberto Cipolloni, una gloria da sempre del nostro Golosario. C’è la carta delle acque, dove primeggiano la Lauretana, l’acqua di Nepi, la Galvanina. E c’è un menu dove vorresti prendere tutto.

Per il 14 di agosto, la sera, Luca ha pensato a una festa di Ferragosto, in giardino, che è già qualcosa che mostra il futuro di questa impresa: street food, informalità, divertimento. Sono già 100 i prenotati ed è un peccato essere già partito, perché in quella serata ci sarà da scoprire il domani di questa impresa giovane, che ha un rispetto profondo del maestro Vissani. Come è giusto che sia per le persone di rara intelligenza che si esprimono molto nei fatti. Eppure passa l’idea del Vissani irruente e rozzo, volto televisivo (ante litteram), che invece ha ancora molto da dire, di fronte ai fuochi d’artificio (ci saranno il 14 sera, a illuminare il lago di Corbara) che caratterizzano molta cucina di oggi, dove non sono la spesa e il prodotto a dettare legge, ma il “famolo strano”. Emuli di Vissani? Come lo sono stati quelli di Gualtiero Marchesi? Venite a provare l’originale allora, sorridendo al pensiero delle guide che cercano ancora quel “famolo strano” per dare l’idea di rinnovarsi, confondendo la cronaca giornalistica con la critica gastronomica. Luca nei prossimi anni (tre, cinque), si giocherà questo futuro, con una strada in salita, che talvolta lo fa arrabbiare, o meglio lo mortifica, perché sembra che molti guardino la superficie e non la sostanza.

Ma io dico: provate la zuppa di fagioli neri messicani con cannella e mirepoix di anguria alla cannella con olio e pecorino, che mi hanno servito come amuse bouche e poi ne parliamo. Freschezza, gusto, genio nel curare le cotture e gli abbinamenti. È Vissani!
Altri assaggini: melone, ricci di mare, cipollina e crespella di rapa rossa al porto; rosso d’uovo marinato alla soia, bacche di sambuco al burro e pepe del Nepal, puntini di mango e zucchine essiccate.

Poi i piatti, prendendo spunto dai vari menu degustazione, ripartiti fra tradizione e innovazione. Soavi i cappelletti al pino, sambuco, burro del Nepal, cicoria e olio di oliva; quindi pomodori, moscardini e croccante di cannella, per arrivare alle tonde di chianina cruda, magnum di calamari sotto la cenere, cetrioli ed estragon. E ancora: gamberoni rossi battuti al melone, menta e asparagi, doppio di limone; sablè con mantecato al fresco di anguria e uva.

Fra i primi, la delicatezza degli agnolotti del plin, trota fario e cannellini, per arrivare alla superba lepre, cappelletti di ventresca di tonno, ravioli di scampi al caviale, che è un vertice. A me è piaciuta moltissimo anche la zuppa di pesce alla vastese, paprica e basilico scomposta, e poi un piatto di verdure, che chiamano Ratatouille (vero: il nostro orto), dove godi della consistenza delle varie verdure cucinate una in una maniera diversa dall’altra. Ed erano circa dieci. E ti chiedi: ma un piatto così non è paragonabile ai tanti “orto” che servono nei ristoranti a là page di oggi?

Al pre-dessert: morbido di albicocche, salsa di lamponi e farina di ananas; Bianconero: zuppa inglese alle spezie con liquido di caffè al limone, fava di Tonka; Uomo universale: sfoglia con crema di armellina e pesche, pera e wafer di pistacchio (fantastico!).
Va citata anche la piccola pasticceria: millefoglie al limone; créme brûlée alla menta; occhi di bue alla cannella e gelo di anguria al cioccolato (e si torna bambini); lamington all’ananas; cassata siciliana. È stata un’esperienza a tutto tondo. Chi scrive ha assaggiato tutti i piatti.

Dimenticavo le tre Tapas da aperitivo col brut di D’Alema, compagno di risotti: Lasagnetta di fiori di zucca con tartufo nero ed alici di Menaica; Scampo con filetto di pomodoro e croccante di cannella; Pomodorini ripieni con ricotta, alzandosi al mattino con una leggerezza fisica che è il risultato della grande cucina italiana.

Se mi date retta: fatevi questo regalo. Comprenderete tante cose. Una su tutte: Vissani come lo avete provato voi, in diretta, senza le mediazioni stupide dei giornali. Un’esperienza appunto.

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