Federico, Balbino e Francesca Romana Terenzi, i tre fratelli under 40, che, innamorati della Maremma, si son dati come mission il far conoscere al mondo la magia di questa terra con grandi vini

Buon sangue non mente? Per quanto riguarda i Terenzi verrebbe proprio da dire di sì! Fatto curioso, con una peculiarità. Nonno, papà e nipoti, sono tutti imprenditori, e di grande successo, ma ciascuno in un campo diverso. Nonno Balbino, nel dopoguerra, lasciata la sua Arcevia, in provincia di Ancona, intuito che poteva essere un business importare gas per auto, ha creato una catena di distributori di benzina. Papà Florio, dopo aver deciso di non seguire le orme paterne, è diventato famoso inventandosi Cosmoprof, Salone internazionale della profumeria e della cosmesi, la fiera numero uno al mondo nel settore della bellezza. I figli, Federico, Balbino e Francesca Romana, a loro volta sono imprenditori, e di razza, ma operano in un altro settore, nel mondo del vino. La loro attività, in Toscana, a Scansano, in quella Maremma in cui hanno avuto la lungimiranza di credere, e che, erroneamente, per anni è stata considerata terra meno nobile di altre zone della regione.

I fratelli, tutti e tre under 40, sin dagli esordi, si son proposti di far conoscere al mondo che questo era un angolo di Italia dal grande potenziale. La storia è iniziata nei primi anni Novanta, con l’acquisto di un casale con 7 ettari a uliveto, al quale è stato aggiunto un ettaro di vigneto. Nel 2004 è stata realizzata la cantina, che si estende su 3000 mq. Il loro obiettivo, mostrare l’anima della Maremma, traducendola in vini eleganti e apprezzati dal pubblico. Nel 2007 l’uscita delle prime etichette. Oggi, un decennio dopo, i risultati dicono che avevano visto giusto. I vini maremmani son apprezzati in tutto il mondo e il territorio in cui nascono è riconosciuto come particolarmente vocato alla produzione di eccellenze.

I Terenzi hanno sul mercato bianchi e rossi che, realizzati con la sapiente consulenza dell’enologo Beppe Caviola, sono un capolavoro di eleganza ed espressività. «Qualcuno dice che nessuno può amare un luogo come chi ha potuto sceglierlo – afferma Federico Terenzi, amministratore delegato dell’azienda e anche Presidente dell’Associazione dei Giovani Imprenditori Vinicoli Italiani (AGIVI) –. Forse non è una regola, ma per noi è verità. Tra noi e la Maremma è stato vero colpo di fulmine. Convinti della sua grandezza ci siamo dati una mission, fare conoscere al mondo questa terra meravigliosa, facendola raccontare al vino». Missione compiuta, vien da dire. Anche se la cosa potrà sembrare strana, visto che i vini toscani più famosi – e non fan certo eccezione i maremmani – son certo i rossi, nel citare le eccellenze della cantina, abbiamo incluso i bianchi. Non è stata una svista. Nei loro vigneti, anche vermentino, viognier e petit manseng. Da queste uve, tre vini che, nella nostra ultima degustazione, in abbinamento ai piatti entusiasmanti studiati dallo staff di fuoriclasse dell’Iyo di Milano, si è rivelato vero tris d’assi, lasciatecelo dire, una vera sorpresa, in positivo, a dir poco clamorosa.

Balbino, da uve Vermentino, dal colore giallo paglierino, con note floreali, di macchia mediterranea, salvia ed erbe aromatiche, dal sorso fresco, salino e di buona persistenza. Montedonico, viognier che si differenzia dalle interpretazioni d’Oltralpe, e colpisce per la sua freschezza, la sua armonia, con la sua veste dorata, le sue tipiche note di viola, limone, pesca, per il suo proporsi al palato con la sua struttura e la sua sorprendente eleganza, con la sua nota in chiusura di anice dolce. Ed il Passito, da uve petit manseng, uno spettacolo. Giallo oro, ha naso intenso e suadente, con profumi di miele, albicocca, mela cotogna, frutta esotica e spezie dolci, mentre in bocca è dolce ma non stucchevole, piacevolmente fresco e armonico.

Va da sé che il “Signore” delle vigne dei Terenzi era ed è il sangiovese, da cui nascono i due vini più rappresentativi dell’azienda. Ossia Purosangue, il cui nome esalta il suo essere sangiovese in purezza, da uve di vigneti che sono in un terreno composto da sabbie grossolane e argille profonde, ricche di scheletro e ben drenato, dove si trova il Macigno Toscano, roccia arenaria tipica della zona. «Purosangue – dice Balbino Terenzi – è l’immagine più godibile del Sangiovese, adatto all’invecchiamento ma pronto anche da bere subito, giocato sul frutto, molto succoso e rotondo». E Madrechiesa, Morellino di Scansano riserva, da tempo considerato icona dell’eccellenza produttiva della zona. Le uve vengono da vigneti impiantati in suoli ricchi di potassio e magnesio, in terreni profondi, con sabbie grossolane e argille e con una buona presenza di scheletro che permette di drenare l’acqua in eccesso, mantenendo allo stesso tempo una buona riserva idrica. La forma di allevamento è il cordone speronato. La vendemmia, nel rispetto della tradizione, nel mese di settembre, è svolta integralmente a mano. L’affinamento è di 12 mesi in botte grande e di 6 in bottiglia. Nell’ultimo millesimo messo in commercio, il 2013, ha colore rosso rubino di buona intensità, naso profondo con profumi di prugna, amarena, piccoli frutti, nota balsamica e sentori speziati, mentre al palato è caldo e di bella struttura, con tannini esuberanti e vigorosa freschezza ma in buona bilanciatura, lunga persistenza. Maremma, che classe!

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